«Le condizioni di disagio economico e sociale in cui si trovano decine di migliaia di cittadini rischiano di aggravarsi anche a causa del progressivo aumento dell’età anagrafica per ottenere l’assegno sociale». Lo dichiara Roberto Rossini, Presidente nazionale Acli, a commento dei dati sulla povertà nel nostro Paese pubblicati ieri dall’Istat.
«Secondo quanto previsto dalla riforma Fornero, dal 1° gennaio di quest’anno per ottenere l’assegno sociale bisogna aver compiuto 66 anni e 7 mesi (rispetto ai 65 anni e 7 mesi del 2017) e nel 2019 spetterà solo al compimento del 67° anno di età. Rischiamo in questo modo – continua Rossini – di creare nuovi poveri, di uomini e donne che, in attesa di raggiungere l’età anagrafica per ottenere l’assegno sociale, rimangono senza alcuna prestazione assistenziale di sostegno. Sia i dati INPS che i dati del Patronato Acli testimoniano una significativa diminuzione delle domande di assegno sociale esclusivamente imputabile all’aumento dell’età pensionabile e non al miglioramento delle condizioni economiche. È vero che è entrato in vigore il Rei, la nuova misura di contrasto alla povertà, ma è un errore sovrapporre i due strumenti di sostegno, diversi per finalità e per requisiti di accesso».
«È urgente avviare una riflessione sulle politiche previdenziali ed evitare un sistema iniquo che crei nuovi poveri», afferma, il Presidente del Patronato Acli Emiliano Manfredonia, in occasione delle giornate di strategie e budget che hanno inizio oggi a Roma. «Non sta a noi fare politica e non ci interessano gli slogan, ci interessa invece si trovi una soluzione strutturale. Per questo chiediamo la reintroduzione di un principio universalistico di flessibilità nell’accesso alle pensioni e la previsione di un trattamento pensionistico minimo di garanzia anche nel sistema contributivo, soprattutto per i giovani», conclude Manfredonia.