Un incontro di grande interesse quello organizzato dalle Acli di Limbiate, in programma il 4 ottobre, che vedrà protagonista Padre Alejandro Solalinde, il più importante difensore dei migranti in Messico, responsabile di un centro di accoglienza a Ixtepec, città nel sud del Paese, nel quale ogni anno transitano circa 20 mila migranti.
Il religioso, candidato al Premio Nobel per la pace, vive dal 2011 sotto scorta per il suo impegno contro i narcos e per aver denunciato la corruzione delle autorità pubbliche. I narcotrafficanti lo considerano un nemico da eliminare, tanto pericoloso per i loro traffici da offrire una taglia da 1 milione di dollari pur di vederlo morto.
L’evento sarà anche l’occasione per presentare il libro “I narcos mi vogliono morto”, in cui Padre Alejandro racconta la sua storia che si intreccia con le vite delle migliaia di migranti rapiti ogni anno in Messico, uomini, donne e bambini che spariscono nel nulla. E con le esistenze dei 20 mila indocumentados accolti da questo prete tenace.
«I sequestri. Cominciarono senza che ce ne accorgessimo. Gruppi di migranti sparivano. Mi misi ad indagare. I conti non tornavano. Era evidente che molti si perdevano per strada. Dove finivano? Con molta pazienza riuscimmo a ricostruire la macchina dei sequestri. Ero un prete: mi occupavo di teologia e psicologia. Capii che mi stavo per infilare in un enorme guaio. Eppure non potevo né volevo evitarlo. Non c’era tempo per pensare a me. C’erano delle persone indifese in pericolo, in tremendo pericolo. Sapevo che dovevo fare qualcosa», racconta Padre Alejandro.
Sono mezzo milione gli indocumentados che ogni anno transitano attraverso il Messico in fuga dalle violenze urbane e civili del Centroamerica (Salvador, Guatemala, Honduras), con l’obiettivo di arrivare negli Stati Uniti. Il 25% di loro sono donne, il 10% minori.
Ma il passaggio attraverso il Messico è spesso drammatico e pieno di pericoli, un viaggio che dura almeno un mese per raggiungere la frontiera statunitense, durante il quale i migranti sono vittime di rapimenti, violenze, torture, schiavismo a fini sessuali da parte dei narcotrafficanti, che incrementano i loro traffici: questo «commercio» di esseri umani vale 50 milioni di dollari all’anno.
La storia di impegno e coraggio di Padre Solalinde è stata raccontata anche da vari media internazionali: il New York Times ha lodato il suo «coraggio per aver denunciato crimini orrendi contro i migranti e la complicità delle autorità messicane», per Usa Today è «un combattente prete cattolico che ha sfidato i cartelli della droga e la polizia corrotta per proteggere i migranti».