La recente proposta di introduzione della “pensione di garanzia” contenuta nella Legge di Bilancio 2020, affrontando le pensioni liquidate interamente con il sistema contributivo, pone finalmente al centro del dibattito il tema del welfare. L’attuale Governo, infatti, attraverso un aumento del Fondo previdenziale integrativo pubblico, punta ad assicurare ai giovani con carriere discontinue una reale copertura previdenziale, consentendo loro di accedere alla pensione in modo più flessibile senza dover posticipare il pensionamento molto dopo il compimento dei 70 anni.
La misura in questione rappresenta un valido aiuto per i giovani nati dopo il 1970, il cui assegno pensionistico è calcolato interamente con il sistema contributivo. Essa mira infatti a garantire alle future generazioni un sostegno economico nel caso in cui la pensione sia troppo bassa. In pratica si propone di introdurre un assegno minimo da 650 euro al mese a chi, avendo versato almeno 20 anni di contributi, andrà in pensione dal 2030 in poi. In tal modo si prova a scongiurare il rischio di spingere troppo in là il pensionamento. La proposta, in sostanza, riconosce quanto già discusso dalla Fap e dal Patronato Acli nel corso del loro ultimo incontro del 22 e 23 gennaio scorso. In quella sede si era ribadita la necessità di abolire gli importi pensionistici soglia – che colpiscono prevalentemente le nuove generazioni – e si era ricordato come la mancata previsione del diritto di un’integrazione della pensione ad un importo minimo, in presenza di uno stato di bisogno economico, costituisca oggi uno degli elementi di forte criticità del sistema contributivo. È quanto, ad esempio, avviene con le pensioni di inabilità, gli assegni ordinari di invalidità e le pensioni di reversibilità che, in molti casi, hanno un importo troppo esiguo tale da non garantire quello che dice la Costituzione nell’art. 38. Proprio per ovviare a questo problema, nell’ottica di affermare un elemento solidaristico, già da tempo la Fap ACLI ha avanzato una proposta di legge per istituire l’integrazione al minimo vitale per trattamenti pensionistici calcolati esclusivamente con il sistema contributivo, affinché le pensioni liquidate con il sistema contributivo siano pensioni comunque dignitose.