Le ACLI provinciali di Avellino ci raccontano, attraverso le sue stesse parole, la storia e la testimonianza di una signora che ha svolto un periodo di volontariato presso la loro sede in seguito all’affidamento da parte del Tribunale che l’aveva condannata a scontare i lavori di pubblica utilità per una pena ricevuta.
Un’esperienza che ci segnalano perché significativa “non solo per guardare con occhi diversi, forse più oggettivi e compassionevoli le persone che per avverse, ma anche fortuite circostanze, possono trovarsi imbrigliati nelle maglie della giustizia, ma anche per comprendere meglio il valore dell’associazionismo nella funzione rieducativa e socializzante, assunta per coloro che devono espiare una pena”.
Di seguito la sua testimonianza,un bilancio sul suo percorso di vita e sulla profonda esperienza umana vissuta presso le ACLI:
“La retorica mi è estranea e rifuggo, per indole e comportamento, da ogni forma di enfasi.Ciò che scrivo è dettato da autenticità e sincerità di sentimento e di pensiero.
Sento pertanto di poter dire che ho dedicato tutta la mia intera esistenza alla famiglia e al lavoro, ho allevato i miei figli educandoli al culto dell’onestà e dei valori e nel rispetto delle norme.
Per decenni nel mondo della scuola, fino alla cessazione ufficiale del servizio, sono stata in prima linea, sul posto di lavoro, nell’impegno didattico ed educativo, a formare coscienze e persone; a rappresentare con l’esempio e l’azione, il rispetto della legalità, l’etica del dovere, l’importanza della cultura e della conoscenza, sono stata sempre convinta di poter fruire, con serenità e orgoglio, di un patrimonio di valori e di decoro inalienabile, che era mio e mi apparteneva.
Tuttavia, inaspettatamente, l’ironia della sorte, avvalendosi di un momento di fortuita e perversa cospirazione di circostanze e di avversi elementi simultanei, ha voluto farsi beffa della mia persona e colpirmi nella mia dignità e nei miei sentimenti.
Proditoriamente e senza che ne avessi una ragione chiara, consapevole, plausibile, si è abbattuta su di me con la banalità impietosa e imprevista di un incidente il redde rationem della Giustizia.
E mi sono trovata sola e impotente con tutta la mia inconfessata fragilità a fare i conti una sola volta nella mia vita con la mia coerenza, il mio prestigio, la mia onorabilità di persona, di madre, di moglie, di educatrice.
Tutto messo in dubbio in un istante, un attimo che non è mio, che continuerò a ricusare. Per risparmiare a me stessa il penoso calvario delle interminabili udienze, delle procedure giudiziarie, dei continui avvilimenti, ho accolto l’idea di accollarmi la responsabilità e ho intrapreso, per decisione del Magistrato, un percorso di messa alla prova riabilitativo presso le ACLI di Avellino. Quando ha avuto inizio il servizio, verso la fine dell’estate dell’anno scorso, il mio morale era allo zero, l’angoscia e il disagio mi opprimevano.
Nessuna fiducia sentivo per nessuno e mi comportavo con diffidenza e riserva nei confronti di tutti. Ma tutto ciò era destinato a durare non più di qualche settimana. Ero stata accolta nell’ufficio delle ACLI con un calore umano, una sensibilità, un rispetto inauditi e per me insospettati.
Fu così che a poco a poco la mia diffidenza e il mio disagio, quasi inavvertitamente, cominciarono ad attenuarsi, a stemperarsi, ad addolcirsi. Mi rendevo conto di stare in mezzo a persone per bene, sensibili, buone, amabili e solidali, rispettose degli altri e pronte a riconoscere l’umanità che è di tutti e pur con il dovuto discernimento, mi rendevo conto che accanto a quelle persone, la mia prostrazione si alleggeriva e, ancorchè incredula, mi sentivo bene.
Giorno per giorno, anche il mio stesso rapporto di lavoro, a contatto con la sostanza umana e le molteplici attività delle ACLI, diventava gratificante, solerte, proficuo.
Oggi, sono convinta che quell’incidente, banale e fortuito, che presumeva di alterarmi e di rovinarmi la vita, si sia trasformato in un imprevedibile disegno della Provvidenza, che mettendomi alla prova, abbia voluto schiudermi un orizzonte nuovo di valori, di sensibilità autentiche vive ed operanti, di cui avevo perso qualsiasi cognizione.
Oggi, al termine del mio tirocinio riabilitativo, mi sento più ricca, più completa, dotata di una diversa disponibilità nei confronti della vita, del prossimo. Anzitutto più indulgente nei confronti delle debolezze umane. No, non ho concluso il mio percorso. Ci sono dentro con simpatia, gioia e convinzione.
Agli amici, alle amiche, ai fratelli delle ACLI io dico: non vi saluto, non prendo commiato da voi. Ci rivedremo nel vostro, nel nostro, ufficio e continueremo a stare insieme con la volontà, l’impegno e l’amore che ci siamo scambiati in questi mesi. E perciò non vi dirò “grazie” una volta sola e per sempre.
Ciao! E… arrivederci alla prossima settimana”.