Il ddl sul caporalato in discussione in queste ore alla Camera costituisce un importante passo avanti verso la legalità e la crescita economica dei territori. Per questo, deve essere approvato velocemente e senza modifiche affinché diventi legge a tutti gli effetti. Ne sono convinte le Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani), che più di una volta hanno denunciato il fenomeno definendolo una vergognosa piaga del nostro Paese.
La nuova legge, attesa da almeno un quinquennio, prevede un rafforzamento delle norme penali, l’introduzione della confisca come per i reati di mafia e l’utilizzo dei proventi delle confische per l’indennizzo alle vittime.
“L’emersione del lavoro nero e sommerso attraverso strumenti legislativi di contrasto allo sfruttamento della manodopera – dichiara il presidente delle Acli Roberto Rossini – non solo ostacola in maniera netta e decisa la cosiddetta mafia dei campi, ma agevola anche la crescita delle aziende sane e dei territori che le ospitano. E’ altresì di particolare importanza – aggiunge Rossini – l’introduzione di sanzioni amministrative e penali su tutti i soggetti della filiera (caporali e imprese) che possono alimentare la pratica dell’illegalità. I controlli sull’eticità dell’intera filiera agroalimentare – conclude il presidente delle Acli – potranno prevenire e punire tutti gli episodi che portano all’annullamento della dignità lavorativa”.
Un fenomeno, quello del caporalato, non più confinato alle regioni del Sud Italia ma che riguarda l’intera penisola italiana, come hanno dimostrato le molte inchieste giudiziarie che in questi anni hanno disegnato una vera e propria mappa dello sfruttamento.
In Italia, sono circa 500mila i lavoratori stranieri e italiani costretti a lavorare in condizioni irregolari o, peggio, in regime di schiavitù nei campi.