“Una della cose di cui i lavoratori ci sono più grati è il nostro tentativo di vivere con coerenza il sì sì e il no no: questo non conformismo, questo spirito di libertà con cui cerchiamo di imitare il grande modello divino umano di Cristo Signore” (Livio Labor).
“Ci sono uomini che lasciano un segno nella vita, nella storia delle organizzazioni, nelle coscienze e nelle speranze di altri uomini. Livio Labor era uno di questi: un uomo scomodo, un cristiano autentico, un testimone vero del nostro tempo che ha affrontato con coraggio i problemi della società”. Erica Mastrociani, responsabile nazionale Area Cultura delle Acli, ha aperto oggi pomeriggio nella sede nazionale di Roma l’incontro in memoria di Livio Labor, a 25 anni dalla sua scomparsa.
Labor, politico e sindacalista, è stata una figura centrale nella storia del Novecento e in quella delle Acli, di cui fu presidente dal 1961 al 1969. La sua attività ha toccato aspetti fondamentali della vita sociale ed economica dell’Italia, dal lavoro alla formazione professionale, fino alla difesa dei diritti. Con il Movimento Politico dei Lavoratori (MPL) prima e con la sua successiva elezione a senatore nelle liste del PSI, ha portato le sue battaglie all’interno del Parlamento. Il suo esempio e il suo pensiero politico hanno contribuito a delineare la presenza cattolica nel dibattito pubblico e sindacale.
“Fu un leader che seppe interpretare e dare voce alla prospettiva di cambiamento di tante persone impegnate nel Paese”, ha continuato Mastrociani. “Perno nelle Acli di Trieste, ha guidato le Acli nazionali in modo vulcanico e appassionato. Il verbo che utilizzava spesso Livio era ‘rincuorare’. Oggi più che mai abbiamo bisogno di essere rincuorati e di avere un sovrappiù di coraggio. Questo è lo stile che la nostra Organizzazione continua a fare suo”.
Il giornalista Claudio Sardo ha tracciato il profilo storico di Labor: “È stato uno dei presidenti più carismatici della storia delle Acli. La sua fede granitica, l’orgoglio aclista e anche una certa severità lo rendevano un leader autorevole. Labor è sempre stato un sostenitore dell’autonomia delle Acli. Intravedeva nelle Acli una importante soggettività sociale e politica e su questa scommetteva per farne un vettore di emancipazione e di giustizia. Senza quel coraggio, senza quell’attitudine sociale, senza quella fiducia nel futuro, senza quelle quella fedeltà al messaggio evangelico, credo che oggi non ci sarebbero le Acli”. Sul suo impegno politico, Sardo ha aggiunto: “Labor dialogava con la sinistra. Era un dialogo alla pari, di chi si sentiva corresponsabile di un percorso e voleva contribuire a plasmare un destino. Labor si è battuto per questa sinistra plurale. La presenza dei cattolici nella sinistra c’è e ha portato risultati e sconfitte. Ricordiamo figure come Romano Prodi e David Sassoli. Mi viene da pensare che, per complicate vie, anche loro siano figli e nipoti di Labor”.
Emilio Gabaglio, già presidente nazionale delle Acli, ha ricordato Labor, citando Domenico Rosati che nel maggio 1999 scrisse: “Le Acli con lui avevano contato come mai era stato prima e si può dire, senza offesa per nessuno, come mai sarebbe stato dopo”. “Ho avuto il privilegio di vivere a suo fianco”, ha continuato Gabaglio, “e penso anche io che con lui le Acli hanno avuto un grande impatto nei diversi ambiti del loro impegno, sociale, sindacale, politico e anche ecclesiale”.
Willy Labor, figlio di Livio Labor, ha condiviso gli aspetti più umani e personali di Labor: “Papà non è più presidente delle Acli da 50 anni ed è bello che questa Associazione ricordi ancora chi ha perseguito con coscienza e coerenza i propri ideali. Nonostante la sua fosse una vita molto impegnata, è sempre stato presente con me e con i miei fratelli. Un ricordo che porto nel cuore risale agli anni della guerra in Vietnam. Una domenica ci ha fatto buttare in una discarica a Fiumicino tutte le nostre armi giocattolo per dare un segno di pace. In gioventù, dopo un viaggio in America latina, dove aveva visto la povertà vera, aveva capito che la sua vocazione era l’apostolato sociale. Aveva una grande fede ed era motivo per lui di grande sofferenza quando qualcuno metteva in dubbio la sua fedeltà alla Chiesa e a Dio. Aveva una passione per gli essere umani e aiutava le persone gratuitamente. Era un grande fautore della formazione come strumento di emancipazione dei lavoratori e delle persone. Ci diceva sempre: “Devi essere giusto, leale e coraggioso”.
Ha concluso l’incontro il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia: “Livio Labor era un uomo senza frontiere anche sui contenuti. Non era una persona di parte, ma prendeva parte. Aveva una sua coerenza che si scontrava con una realtà fatta di troppe mediazioni. Noi aclisti siamo persone con questi tratti, con questa voglia di verità e in continua ricerca. Abbiamo preso in prestito da Labor l’attaccamento alla formazione e il desiderio di essere una Associazione organizzata. Oggi una classe politica formata non c’è e la nostra associazione ha una grande classe dirigente. Noi non siamo schierati in un partito, ma fare politica è uno degli impegni della nostra Associazione. Abbiamo questa grande eredità costruita nel tempo di pensieri, valori e spirito mai domo. Queste sono le Acli di oggi e sono convinto, da persona fedele, che Livio intercede per noi. È la comunione dei santi minori che ci porta avanti”.