Il premio Sakharov, assegnato ogni anno dal Parlamento Europeo, va quest’anno a due attiviste yazide, simbolo della resistenza delle donne alle brutalità dell’Isis, Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar.
Sopravvissute alla schiavizzazione sessuale da parte dello Stato islamico (IS), diventando portavoce delle donne colpite dalla campagna di violenza sessuale dell’IS, esse sostengono pubblicamente la comunità yazidi in Iraq, una minoranza religiosa che è stata oggetto di una campagna di genocidio da parte dei militanti dell’IS.
Il 3 agosto 2014 l’IS ha massacrato tutti gli uomini di Kocho, il villaggio natale di Aji Bashar e Murad, nel Sinjar (Iraq). Dopo il massacro, le donne e i bambini sono stati ridotti in schiavitù: tutte le giovani donne, tra cui Aji Bashar, Murad e le loro sorelle sono state rapite, comprate e vendute diverse volte e sfruttate come schiave sessuali. Durante il massacro di Kocho, Murad ha perso sei dei suoi fratelli e sua madre, che è stata uccisa assieme a ottanta altre donne anziane perché ritenute prive di alcun valore sessuale. Anche Aji Bashar è stata sfruttata come schiava sessuale assieme alle sue sei sorelle. Venduta cinque volte tra i militanti, è stata costretta a fabbricare bombe e corpetti suicidi a Mosul dopo che i militanti dell’IS avevano trucidato i suoi fratelli e suo padre.
Nel novembre 2014 Murad è riuscita a fuggire con l’aiuto di una famiglia vicina che l’ha portata di nascosto al di fuori della zona controllata, permettendole di recarsi in un campo profughi nell’Iraq settentrionale e successivamente in Germania. Un anno dopo, nel dicembre 2015, Murad ha preso la parola dinanzi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel corso della prima sessione in assoluto dedicata alla tratta di esseri umani, pronunciando un forte discorso sulla sua esperienza. Nel settembre 2016, è diventata la prima ambasciatrice di buona volontà dell’ONUDC per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani, partecipando alla promozione di iniziative di sostegno locali e globali per sensibilizzare sulla tragica situazione delle innumerevoli vittime della tratta di esseri umani. Nell’ottobre 2016 il Consiglio d’Europa le ha conferito il premio per i diritti umani Václav Havel.
Aji Bashar ha tentato più volte la fuga, prima di riuscirvi finalmente in aprile con l’aiuto della sua famiglia, che ha pagato dei trafficanti locali. Al momento di attraversare la frontiera curda, tentando di raggiungere il territorio controllato dal governo iracheno e inseguita dai militanti dell’IS, una mina terrestre è esplosa uccidendo due suoi conoscenti e lasciandola ferita e quasi cieca. Fortunatamente, è riuscita a scappare ed è stata trasferita in Germania per ricevere cure mediche, dove si è ricongiunta con i suoi fratelli e sorelle sopravvissuti. Dalla sua guarigione, Aji Bashar si è adoperata per sensibilizzare sulla tragica condizione della comunità yazidi e continua ad aiutare le donne e i bambini che sono vittime in particolare della schiavitù e delle atrocità dell’IS.
La motivazione
Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar «con le violenze subite sulla loro pelle sono un incoraggiamento ed un simbolo per noi a non aver paura» dell’Isis e del terrorismo. Così il Presidente del Parlamento Ue Martin Schulz ha salutato oggi l’assegnazione del Premio Sakharov alle due attiviste yazide. «Non dobbiamo mai aver paura, la paura è la cattiva risposta agli attacchi» ha detto ancora Schulz, osservando che «mai dobbiamo permettere una strategia di intimidazione». «Sono state testimoni di atrocità senza precedenti» e quindi, ha detto il socialdemocratico tedesco, «si sono messe in un lungo cammino per ricevere la protezione dell’Europa e ora noi siamo obbligati a sostenerle per garantire che la loro testimonianza eviti l’impunità». Schulz ha sottolineato anche che la scelta è «molto simbolica» come «appoggio ai sopravvissuti dalla guerra, ai rifugiati». «Sono – ha detto inoltre – la voce forte di tutti quelli che sono ancora là e soffrono nel terrore di Daesh, contro cui dobbiamo mobilitare tutti i nostri mezzi».
“La ferocia dell’IS nei confronti delle donne yazide non è che la conferma di una diffusa volontà di sottomissione che, ad ogni latitudine e ad ogni occasione, gli uomini manifestano soprattutto quando sono in guerra tra di loro. Le donne come merce di scambio e terreno di offesa del “tra uomini”.
La resistenza di queste donne, da quando – senza eccessivo scalpore – l’IS ha dapprima teorizzato e poi praticato la schiavitù sessuale delle yazide, è stata straordinaria, anche perchè non sostenuta da nessuno. Anche per questo – come Coordinamento Donne Acli – ci sentiamo di manifestare il nostro apprezzamento per la scelta del Parlamento europeo. Il premio Sakharov, assegnato alle donne yazide, ci chiede sicuramente di tenere desta l’attenzione su ciò che accade nei territori, sempre più ampi, minacciati e/o occupati dall’IS, ma anche e forse soprattutto di intervenire ovunque, perchè il corpo delle donne venga eliminato dalla lista delle armi e degli strumenti di offesa, e al pari di quelli considerato un oggetto. A Nadia e Lamiya va il nostro pensiero, il nostro ringraziamento, la nostra ammirazione“. Così ha commentato la notizia Agnese Ranghelli, responsabile del Coordinamento nazionale Donne ACLI.
Per saperne di più
Il Parlamento europeo sostiene i diritti umani anche con il Premio annuale Sacharov per la libertà di pensiero, istituito nel 1988. Il premio viene assegnato a persone che abbiano contribuito in modo eccezionale alla lotta per i diritti umani in tutto il mondo e attira l’attenzione sulla violazione dei diritti umani oltre a sostenere i vincitori e la loro causa.
Gli yazidi sono una popolazione di lingua curda (anche se a causa dell’arabizzazione forzata imposta da Saddam Hussein alcuni di loro parlano arabo) che abita principalmente nel nord dell’Iraq. La loro caratteristica principale è la religione che praticano lo yazidismo, un misto di quasi tutte le religioni sviluppate in Medio Oriente: l’islam, il cristianesimo, l’ebraismo e lo zoroastrismo.
Gli attacchi contro gli yazidi iniziarono nell’estate del 2014 attorno al monte Sinjar, nel nord-ovest dell’Iraq, due mesi dopo la conquista della città irachena di Mosul. All’inizio sembrava che l’azione militare dello Stato Islamico fosse un’altra battaglia con l’obiettivo di conquistare nuovi territori. Ben presto si capì però che si trattava di una cosa diversa e iniziò lo stupro sistematico delle donne yazide. Il 3 agosto del 2014 lo Stato Islamico annunciò di avere ripristinato l’istituzione della schiavitù sessuale, che tra le altre cose prevede dei contratti di vendita autenticati dai tribunali islamici istituiti dall’ISIS.