Ieri, 26 ottobre, le Acli sono scese in piazza con circa 40 organizzazioni, molte delle quali afferenti al Tavolo Asilo e Immigrazione di cui fanno parte, per chiedere al Governo italiano e all’Europa di mettersi una mano sulla coscienza e non rinnovare il Memorandum Italia-Libia, siglato nel febbraio del 2017. La revoca deve avvenire entro il 2 novembre, altrimenti si considererà rinnovato per altri 3 anni.
Ufficialmente l’accordo prevede che i paesi sulle due sponde del Mediterraneo si impegnano in “processi di cooperazione, contrasto all’immigrazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontiere”.
Di fatto, in questi 5 anni, circa 100.000 persone sono state intercettate dai guardia coste libici e riportate in Libia, un paese tutt’altro che sicuro, dove viene sistematicamente negato ogni diritto umano e dove uomini, donne e bambini rischiano di essere torturati, abusati e detenuti senza alcun tipo di tutela.
Se questi sono i numeri e i fatti, è ampiamente dimostrato come il concetto di esternalizzazione delle frontiere – unica proposta attualmente presente sul tavolo dell’UE – sia fallimentare. Spostare le frontiere a migliaia di chilometri dal fortino Europa non impedirà alle persone di muoversi, perché la mobilità è l’unica cosa che rimane loro per una vita migliore.
Finché non si assume finalmente il concetto che il fenomeno migratorio è un dato di fatto e non un capriccio che buonisti o cattivisti possono o meno avallare; finché l’Italia e l’Europa continuano a inseguire la politica dell’esternalizzazione, rimanendo ostaggio economico e politico di Paesi che non rispettano i più elementari diritti umani; finché si preferisce criminalizzare le ong impegnate in missioni di ricerca e salvataggio nelle rotte marine e terrestri anziché apprezzarle perché sono le uniche a rispettare la legge del mare e più in generale della vita, i morti aumenteranno.
“La politica dovrebbe smettere di credere che l’Unione Europea non abbia responsabilità alcuna rispetto ai cadaveri in mare, agli assiderati sulle vie della terra, o ai torturati in Libia. Non si tratta di episodi sporadici, ma di una spaventosa ordinarietà che è tempo di affrontare con serietà e coraggio.”, afferma Antonio Russo, Vice Presidente nazionale con delega all’Immigrazione. “Di fronte alle migliaia di persone poste davanti all’alternativa di perdere la vita o di perdere la dignità di essere umani, vi è certamente una terza via che chiede di mettere in campo più azioni: revocare subito il Memorandum, modificare l’accordo di Dublino, diffondere lo strumento dei corridoi umanitari e aprirsi ad una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione. L’UE lo deve a tutte le persone morte e seppellite in quello che Papa Francesco chiama il più grande cimitero d’Europa e lo deve alla sua storia.”