Parola del giorno: Is 11,1-10; Sal 71; Rm 15,4-9; Mt 3,1-12
IL SANTO DEL GIORNO
Santa Barbara, martire (III sec.). Il culto diffuso per questa santa romana ha generato numerose leggende. Secondo la più diffusa, Barbara nacque a Nicomedia, in Anatolia, nel 273. Si distinse per l’impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di “barbara”, cioè straniera, non romana. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l’ira del padre Dioscoro, collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo. Dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre, la ragazza fu costretta a rifugiarsi in un bosco. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290, Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella Cattedrale di Rieti.
LETTURE
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Isaia 11,1-4
In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco.
Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. Matteo 3,1-12
SUL CRINALE
In questa seconda domenica del tempo di Avvento il personaggio chiave è Giovanni Battista. Possiamo definirlo l’uomo al confine tra due epoche: il Primo Testamento e il Nuovo Testamento. Oppure si può parlare di uomo che segna una svolta: profondamente ancorato alla pratica più pura della legge di Mosè, ma contemporaneamente proiettato verso il mondo della grazia di Gesù, di cui ne vede l’inizio.
È un uomo coraggioso, un profeta come i più grandi profeti e quindi con tutta la carica di forza e di coraggio di quegli uomini di Dio. È un uomo che cammina sul crinale di una montagna e che vede, da una parte, tutta la storia della salvezza di un popolo carica del desiderio dell’attesa e del compimento della venuta del Messia e che noi chiamiamo Primo Testamento.
Ma sull’altro versante della montagna si pone una domanda: sarà veramente lui o dobbiamo aspettarne un altro? Sente anche la risposta: dite a Giovanni che… Giovanni non è un uomo di mediazione ma di trapasso, di passaggio, di “un andare oltre” verso il regno di Dio. Giovanni Battista si è abituato a guardare il cielo sempre secondo questi due orizzonti: l’attesa e il desiderio, la pienezza e il compimento.
Se ci pensiamo bene anche noi camminiamo costantemente su questo crinale. Giovanni Battista è colui che capisce il nuovo e decide di mettersi da parte. Mi sono chiesto più volte se quest’uomo non potesse avere un suo posto tra i dodici apostoli. E invece finisce i suoi giorni nella tetra prigione di Erode, vittima di un giuramento tra i potenti della terra. Forse che lui non era fatto per il nuovo, non era fatto per stare con il Messia Gesù? Forse la spiegazione è un’altra: lui aveva assolto fino in fondo il progetto che Dio gli aveva affidato: preparare un popolo ben disposto e quindi da buon servo inutile, aveva capito che doveva ritirarsi per lasciare spazio al Messia Gesù. Non protagonista di una storia ma realizzatore della sua vocazione.
Noi non dovremmo cercare il protagonismo, ma realizzare le nostre vocazioni, le nostre chiamate. Ho provato a immaginare Giovanni Battista continuamente in bilico tra le due possibili opzioni che aveva a disposizione: stare nel Primo Testamento, oppure fare il passaggio nel Nuovo Testamento. Proviamo a immedesimarci anche noi in una delle due opzioni: uomini o donne del Primo Testamento, uomini o donne di passaggio nel Nuovo Testamento. La cosa interessante e bella è, che a secondo di dove ci collochiamo, cambierà la nostra visione di Dio e del mondo.
Giovanni Battista, ancorato al Primo Testamento, ragiona così: “razza di vipere, vi è l’ira di Dio che incombe su di voi”. In un eccesso possiamo anche aggiungere: “tutto questo a causa della vostra avidità, superbia, presunzione”. Giovanni guarda questo mondo e tutto quello che vede gli pare marchiato dalla distruzione e dalla paura. Vede come si guardano gli uomini e sente che la logica che prevale è quella del possesso della proprietà, della vita e delle cose. Gli viene dunque naturale sostenere che vi è un giudizio imminente.
Il profeta è anche questo: non esistono figli di Abramo per merito o elezione e la profezia è la denuncia, anche con tratti duri ma autentici, di questa ingiustizia e avidità. Giovanni Battista è la sfida aperta contro l’ingiustizia. Provate a pensare a certe parole dure del profeta Elia, oppure di Amos e vi accorgerete che non siamo molto lontano da questi toni. L’ammonizione finale è “convertitevi perché la scure è posta alla radice dell’albero”. Questa è la grande tentazione: una sferza in mano per questo mondo, una sferza che non apre al futuro e alla speranza.
Esiste anche l’altro versante, quello dello sguardo pieno di domande sul futuro, sul Messia. Allora nascono nel cuore e nella bocca di Giovanni Battista queste parole: “vedo comparire sulla scena del mondo Gesù il messia”. Egli si presenta come profeta, che cerca la bontà dell’uomo, che si prende cura della sofferenza, che parla di spirito come di soffio di vita, che chiede conversione per conoscere e amare un Dio che è Padre. Questa era la vita di Gesù.
Giovanni Battista capisce che non si può essere solo profeta di denuncia, ma anche e soprattutto di annuncio, di buona novella. Vede in Gesù l’uomo che risveglia i sogni degli uomini e delle donne, vede in Gesù l’uomo che apre l’uomo e la donna alla bellezza e alla speranza e da vero profeta fa il passaggio: entra nel mondo del regno di Dio, entra nel Nuovo Testamento.
BENEDIZIONE DELLA MENSA
Signore, amante della vita, che nutri gli uccelli del cielo e vesti i gigli del campo, ti benediciamo per tutte le creature e per il cibo che stiamo per prendere; e ti preghiamo di non permettere che ad alcuno manchi il necessario alimento. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Leggi il libretto: Verso il Natale. La veglia e l’attesa