Parola del giorno: Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
LETTURE
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. Isaia 9,1-2.5-6
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Luca 2,1-14
RICONOSCERE LA PRESENZA DI DIO NELLA POVERTÀ E DEBOLEZZA DELLA CARNE UMANA
L’Eucaristia della notte di Natale celebra il Cristo risorto e veniente nella gloria facendo memoria della sua nascita nella carne. Se nella notte pasquale cantiamo che “Cristo è veramente risorto!”, in questa notte cantiamo che il Risorto è veramente venuto nella carne umana condividendo il cammino di ogni uomo. Dio si è fatto carne con la nascita, è divenuto corpo, il corpo fisico di Gesù di Nazaret, e ora questo corpo crocifisso e risorto lo attendiamo come corpo glorioso universale e cosmico, perché la sua salvezza raggiunga tutti gli uomini (II lettura) e la sua pace si estenda su tutta la terra (vangelo). Mentre contempliamo il “Dio-con-noi” (Mt 1,23), attendiamo il “Dio-con-loro” (Ap 21,3).
Annunciata profeticamente dalla rinascita gloriosa delle zone settentrionali d’Israele un tempo umiliate (I lettura), la nascita di Gesù a Betlemme di Giudea (Vangelo) è l’evento storico che sta alla base della rinascita del credente che, in Cristo, rinnega l’empietà e vive con sobrietà e giustizia in questo mondo (II lettura).
Il mistero dell’incarnazione celebrato nella notte di Natale rinvia direttamente al mistero dell’amore di Dio. Il Dio che si fa uomo è simile a quel re che voleva sposare una ragazza poverissima e di infime origini e, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch’egli un servo e coronando così il suo sogno d’amore. Scrive Søren Kierkegaard a commento di questa storiella: “Questa è l’insondabilità dell’amore, il fatto di non diventare per scherzo, ma seriamente e veramente uguale all’amato… Ogni altro tipo di rivelazione sarebbe un’impostura per l’amore di Dio”.
La seconda lettura, cantando “la grazia di Dio apparsa tra gli uomini, che ci insegna a vivere con sobrietà in questo mondo attendendo la beata speranza e la manifestazione della gloria di Gesù Cristo” (cf. Tt 2,11-13), mostra il riflesso esistenziale dell’incarnazione per i credenti: si tratta di assumere la vita come vocazione e compito; la storia come responsabilità; la speranza del Regno come magistero anti-idolatrico.
Mentre l’imperatore Cesare Augusto, che godeva di titoli divini, dispiega il suo potere di controllo su tutti e ciascuno nel mondo ordinando un censimento della terra abitata, Dio manifesta la sua signoria sulla storia attraverso l’evento “invisibile” della nascita di un bambino che è il Salvatore, il Cristo Signore. In lui tutti gli uomini sono chiamati a rinascere e in lui tutto il mondo dovrà essere intestato, ricapitolato. Appoggiandosi su un’antica versione greca (detta Quinta) del Sal 87,6 Eusebio di Cesarea, nel suo Commento ai Salmi, scrive: “‘Nel censimento dei popoli, questi nascerà là’ (Sal 87,6). Chiaramente ha fatto riferimento al censimento durante il quale il nostro Salvatore e Signore è nato, come mostra l’evangelista dicendo (segue la citazione di Lc 2,1)”.
Al censimento che si propone di contare i sudditi dell’impero (per motivi militari e fiscali), si oppone il popolo di Dio, il popolo dei santi che solo Dio conosce e di cui nessuna grandezza storica, religiosa o profana, può farsi padrona. Il popolo dei redenti nell’Apocalisse è descritto come “moltitudine che nessuno poteva contare” (Ap 7,9) e il censimento del popolo di Dio ordinato da David nell’Antico Testamento viene condannato da Dio (cf. 2Sam 24; 1Cr 21). La forza della chiesa non sta nel numero dei suoi adepti, nei numeri esibiti che dicono forza e prestigio, né la chiesa è chiamata a schierarsi tra le forze attive e potenti nello spazio pubblico ponendo sul piatto della bilancia “i numeri” che può vantare. E questo non solo perché la massificazione implicita nella riduzione della persona a numero è sempre pericolosa, ma anche perché solo Dio scruta il cuore umano e conosce la fede dell’uomo, la quale abita una dimensione di mistero che non può essere violata.
Al suo nascere Gesù appare tra gli emarginati, tra le “vite di scarto”, tra coloro che non destano interesse e non contano. E non su di lui si manifesta la luce della gloria divina, ma sui pastori (cf. Lc 2,9): essi ne hanno bisogno per riconoscere la presenza di Dio nella povertà e debolezza della carne umana. E con loro, anche noi ne abbiamo bisogno. Luciano Manicardi
BENEDIZIONE DELLA MENSA
Ti ringraziamo o Signore per averci riuniti intorno a questa tavola in questo giorno di festa per il tuo Natale. Tu che ti sei fatto uomo come noi vieni a sederti alla nostra mensa e conservaci la gioia di questo giorno. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Leggi il libretto: Verso il Natale. La veglia e l’attesa