Aclisti e Assemblea costituente

Il referendum costituzionale del 4 dicembre ha visto le Acli organizzare momenti di approfondimento, di dialogo, di discussione, stimolando la partecipazione dei cittadini al voto.

Non abbiamo fatto propaganda, ma vera pedagogia popolare. Non abbiamo preso una parte in modo pregiudiziale, ma accompagnato un discernimento. E non abbiamo, infine, rifiutato un parere: abbiamo anche detto una nostra parola. Insomma, abbiamo tenuto una postura e preso una posizione

Questa attenzione verso la Costituzione Italiana appartiene al patrimonio genetico della nostra associazione. Nelle elezioni del 2 giugno 1946 sono 32 gli aclisti eletti nell’Assemblea Costituente, cioè l’organo legislativo preposto alla stesura della Costituzione della neonata Repubblica Italiana:

Bacciconi Luigi, Balduzzi Luigi, Belotti Giuseppe, Bonomi Paolo, Caiati Italo Giulio, Castelli Edgardo, Clerici Edoardo, Colombo Emilio, Federici Maria, Germano Attilio, Grandi Achille, Guidi Cingolani Angela, La Pira Giorgio, Mannironi Salvatore, Manzini Raimondo, Montini Ludovico, Morelli Luigi, Nicotra Fiorini Maria, Notarianni Giuseppe, Pastore Giulio, Ponticelli Francesco, Rapelli Giuseppe, Restagno Pier Carlo, Riccio Stefano, Rumor Mariano, Schiratti Guglielmo, Storchi Ferdinando, Tessitori Tiziano, Titomanlio Vittoria, Togni Giuseppe, Trimarchi Michelangelo, Vanoni Ezio.

Achille Grandi in un articolo apparso su “Il giornale dei lavoratori” si chiede quale contributo debbano dare i lavoratori alla Costituente. Constatata la sostanziale impreparazione dei lavoratori a contribuire efficacemente a tale scopo, dopo la nefasta esperienza del ventennio fascista, propone la creazione di speciali commissioni di studio, in cui i lavoratori, anche delle più modeste condizioni, possano suggerire le loro idee.

Non parole o grida verbose, non sogni chimerici di panacee che sanano tutti i mali, ma preparazione seria, profonda per assumere le responsabilità che rivendicheremo o che ci saranno riconosciute dalla Costituente

(Achille Grandi, in Il giornale dei lavoratori n.43 del 4/11/1945)

 

Nasce così l’inchiesta che prende il nome di “Che cosa chiedi alla Costituente?”.

Le prime risposte appaiono nel primo numero di dicembre del giornale.

Sono risposte semplici e piuttosto ingenue, come quella di Vincenzo Villecca di Olevano sul Tusciano (SA) che chiede: pane, lavoro e provvedimenti contro il mercato nero. Pace, tranquillità e libertà cioè possibilità di emigrazione, libertà di esportazione e importazione.

Di fronte a queste prime risposte la redazione si sente in dovere di precisare quello che la Costituzione non può fare, precisando:

bisogna sgombrare l’animo dalla troppa demagogia che si è fatta intorno alla Costituente. La richiesta così impellente del pane, del lavoro, della repressione del mercato nero, è giusta e sacra; ma non è meditato e ragionevole credere che la Costituente possa dar tutto questo come un colpo di bacchetta magica. Sono problemi pratici, di natura concreta e tecnica, che dovranno risolversi con fattori di natura concreta e tecnica, quale l’aumento della produzione agricola, il rifornimento di materie prime, ecc. La Costituente, in un nuovo ordinamento sociale, può stimolare la soluzione, togliere molti ostacoli, favorire gli sforzi comuni, assicurare una migliore distribuzione dei beni; e questo porterà un netto vantaggio ai lavoratori. Ma non è bene chiederle quello che non può dare. I miracolismi inducono alle delusioni.

(in Il giornale dei lavoratori n.48 del 2/12/1945)

In seguito a questa precisazione le risposte arrivate successivamente dimostrano di aver messo a fuoco il problema.

C’era ancora chi, come Carmelo Carnielli di Napoli, chiedeva semplicemente di vivere senza stenti, ma già Guido Carli di Ancona invitava ad ideare un sistema economico in cui il lavoratore potesse dire la sua e concorrere alla gestione dell’azienda.

(in Il giornale dei lavoratori n.50 del 16/12/1945)

A partire dal 1946 la rubrica “Piccolo Parlamento”, che annovera le risposte dell’inchiesta sulla Costituente, ospita opinioni e proposte sempre più appropriate, segno che si preferisce pubblicare le risposte provenienti dai lavoratori più colti e competenti in materia.

Piero Giannini si sofferma su una legislazione tributaria equa, con giusta ripartizione dei carichi tra le varie categorie dei contribuenti, tendendo potenzialmente alla riduzione delle imposte sui consumi.

Luigi Passetti desidera la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori; l’elevazione del loro tenore di vita. Accesso dei lavoratori alla direzione delle aziende, attraverso i consigli di gestione e compartecipazione degli utili.

Ugo Di Stefano elenca i principali otto punti che avrebbe dovuto affrontare la Costituente: 1.Rapporti Chiesa-Stato. 2.Poteri da affidare al Capo dello Stato. 3.Poteri del Parlamento per le sue funzioni legislative. 4. Poteri dell’organo esecutivo. 5. Poteri dell’organo giudiziario 6.Poteri dello Stato, delle Province e dei Comuni. 7. Tutela della libertà di parola e delle libertà individuali 8. Tutela del lavoro.

La rubrica si chiude con il n.10 del 17 marzo 1946, di lì a tre mesi verrà eletta l’Assemblea Costituente il cui vice presidente sarà proprio Achille Grandi, che il 22 luglio pronuncia un’importante discorso sui valori che stanno alla base del sindacalismo democratico:

[…] io affermo questo principio, che l’azione sindacale è sempre un’azione gradualistica; è sempre, se vuole essere una cosa seria, un’azione riformista. Il sindacato organizza i lavoratori, li guida, li istruisce, li conduce a delle conquiste, sempre deve avere presente che suo dovere è quello di difendere i lavoratori. Oggi ottiene dieci, domani venti, poi trenta e così via, ma deve avere il coraggio, il giorno in cui non può più andare avanti, di tornare indietro. Questa è la scuola sindacalista, del sindacalismo democratico e libero, quel sindacalismo che c’era in Italia prima del fascismo. Questo sindacalismo è fatto così ed ha queste mete; non può averne delle altre; laddove c’è un altro sindacalismo, ci saranno anche decine di milioni di organizzati, ma quello non è sindacalismo: è obbedienza ad una dittatura di Stato.

(Discorso di Achille Grandi nella seduta dell’Assemblea Costituente del 22 luglio 1946)

 

A cura di: Archivio Storico Acli Nazionali e Fondazione Achille Grandi