Per quanto tempo ancora la morte di centinaia di persone può accadere nella totale indifferenza di politici e comuni cittadini? Ancora vite umane spezzate, almeno altre 130 a largo della Libia. Finché non si assume finalmente il concetto che il fenomeno migratorio è un dato di fatto e non un capriccio che buonisti o cattivisti possono o meno avallare; finché l’Europa continua a inseguire la politica dell’esternalizzazione, rimanendo ostaggio economico e politico di Paesi che non rispettano i più elementari diritti umani; finché si ringraziano i libici per i salvataggi in mare anziché disconoscerli per la violenza – ampiamente documentata – perpetrata da anni sui migranti; finché si preferisce criminalizzare le ong impegnate in missioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo anziché apprezzarle perché sono le uniche a rispettare la legge del mare, i morti aumenteranno. Si è compiuta l’ennesima tragedia in mare nell’omertoso silenzio e nella chiara volontà di inerzia dell’Europa. Smettiamo di credere ipocritamente che queste morti siano un incidente. Dopo il primo naufragio al largo di Lampedusa, nel 2013, ne sono seguiti decine e decine. Non si tratta più di fatti episodici, ma di una spaventosa ordinarietà che è tempo di affrontare con serietà e coraggio.