di Daniele Rocchetti
“A un anno esatto dalla dichiarazione di pandemia da Covid-19 da parte dell’OMS, la disuguaglianza tra Paesi ricchi e poveri nell’ accesso ai vaccini è più acuta e drammatica che mai. Le nazioni più ricche nell’ultimo mese hanno vaccinato in media una persona al secondo, mentre la stragrande maggioranza dei Paesi in via di sviluppo ancora non è stata in grado di somministrare una singola dose, con una carenza strutturale di forniture mediche e scorte di ossigeno. Ma anche tra i paesi più ricchi le differenze sono enormi: negli Usa ogni secondo si vaccinano 35 persone, nel Regno Unito 9, in Germania, Spagna, Francia e Italia solo 2, in Belgio, Svezia e Danimarca poco più di 20 persone ogni minuto.” Così scrivono nel documento redatto insieme da Oxfam ed Emergency. Una fotografia impietosa di un mondo diseguale anche nella distribuzione dei vaccini, dove emerge, tra le altre cose, la stentata organizzazione italiana.
Se poi stiamo sul caso lombardo – vi ricordate quando definivano la nostra sanità un “eccellenza”? – il quadro rischia di essere ancora più tragico. Secondo un articolo del Sole 24ore della scorsa settimana, siamo tra le ultime regioni per numeri di vaccinazioni. In molti casi le persone over 80 sono state chiamate al telefono la sera precedente, senza nessun sms o mail, per essere vaccinate il giorno dopo, in luoghi lontani dalla propria residenza (Spirano e Antegnate).
A gennaio, sempre nella “grande Lombardia”, migliaia di anziani, e con loro, figli e nipoti, sono stati in balia per ore di un sistema di prenotazione – il click day – che non ha funzionato per nulla. Non era difficile prevedere che sarebbe stato faticoso reggere in poco tempo un’enorme massa di richieste. Serviva solo scaglionare l’apertura, o per fasce di età, o per ordine alfabetico o per comune di residenza. Troppo complicato arrivarci?
Quando finalmente nei giorni scorsi si è partiti a vaccinare, abbiamo visto fuori dal centro di Niguarda code infinite di nonni assembrati all’esterno in attesa dell’iniezione. Code dovute all’errore del portale “Aria” – lo stesso che ha programmato le iniezioni nei festivi anche in poli non operativi poi spostandole nonostante il personale si fosse ormai organizzato per lavorare – che ha mandato 900 convocazioni al posto delle 600 previste. Perfino Guido Bertolaso, coordinatore della fase 2 della campagna di vaccinazione anti-Covid in Lombardia, postando la foto della coda degli anziani fuori dal Niguarda ha parlato di vergogna e ha chiesto scusa (parola che non ho sentito pronunciare né da Fontana né da Moratti).
Insomma, fatto salvo il tempo complicato (che è lo stesso anche in quelle parti d’Italia dove il sistema vaccinazioni funziona certamente meglio che da noi) pare essere in balia di apprendisti. Sarebbe il caso di ricordarcelo anche nelle nostre comunità cristiane. Non siamo fuori né a lato dalle vicende di questo mondo. Occorre riconoscere e dare parola alle tante donne e uomini che frequentano ancora le nostre chiese e custodiscono l’umano dentro il mondo della sanità, della politica e della cura del bene comune. Un contributo laico, fatto di competenza e di passione, che andrebbe ascoltato e valorizzato maggiormente. Perché la cura dell’uomo e del mondo è il modo credibile di annunciare il Vangelo nella città di tutti.
“L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario”. (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato, 11 febbraio 2021)