La proposta di emendamento che abbiamo presentato come Forum per la conversione in legge del decreto legge 14 gennaio 2021, n. 2 (recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021) è stata presentata in due emendamenti identici, che sono stati giudicati ammissibili. Gli emendamenti sono a firma della senatrice De Petris e dei senatori Laforgia, Errani, Grasso e Ruotolo e, il secondo, della senatrice Valente. Ecco il testo:
“Dopo l’articolo, inserire il seguente: Art. 2-bis. (Somministrazione di alimenti e bevande nei centri sociali, culturali e ricreativi del Terzo settore)
Fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, la sospensione delle attività dei centri sociali, culturali e ricreativi, adottata nell’ambito delle misure di contrasto e contenimento alla diffusione del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale, non determina la sospensione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande delle associazioni ricomprese tra gli enti di Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che possono proseguire nel rispetto delle condizioni e dei protocolli di sicurezza stabiliti dalla normativa vigente per le attività economiche aventi il medesimo o analogo oggetto”
Ovviamente ora si attende anche il parere del nuovo Governo. Abbiamo riscontrato anche l’impegno del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, il senatore Dario Parrini. E in tal senso si lavora, facendosi forza del fatto che come già ricordato non si vogliono favori o eccezioni, ma, al contrario si chiede di non essere discriminati rispetto a realtà profit o anche non profit con licenza pubblica. Non valutiamo questa scelta lesiva del primato assoluto della salute, che condividiamo, anche perché le persone, dove sono aperti tanti esercizi, non è che non escano di casa per un caffè se è chiuso il proprio circolo.
Molti sostengono, magari a bassa voce, che questa nostra sia una battaglia di “bottega”. Credo invece sarebbe il momento di mettere almeno in conto anche uno scenario che veda ancora molti mesi di forte restringimento della socialità, non solo in questo campo, pensiamo agli studenti e a molti anziani, e soprattutto a tante situazioni di fragilità. Invece di solo sperare che torni al più presto la normalità, che ci manca ce lo auguriamo tutti, conviene pensare nel frattempo a “un’altra normalità” che consenta di vivere, creare relazioni non solo attraverso i social, ma dal vivo, pena un’ondata di asocialità pericolosissima da tutti i punti di vista. Varrebbe la pena mettersi al tavolo proprio con il Terzo settore ( e non solo) che si occupa di socialità, cultura e di animazione delle comunità per capire come farlo in modi e luoghi protetti. Non è assolutamente semplice, ma già da prima della pandemia, e ancor più oggi, emerge con forza il bisogno di luoghi e esperienze di relazione, anche per affidarsi gli uni gli altri in una società dove la solitudine rischia di dilagare (1 persona su 7 vive sola, spesso non per scelta), e dove le relazioni si rivelano spesso violente e drammatiche come testimonia ormai da anni la quasi quotidiana realtà dei femminicidi e della violenza “familiare”. E’ vero che i circoli appaiono spesso roba dell’altro secolo, ma la più grande innovazione dei prossimi anni sarà proprio il tornare a essere e fare associazione, a riconvocare le comunità nel far incontrare e mettere al lavoro la gente nelle proprie tante diversità. La democrazia ha bisogno di un’anima e deve puzzare di popolino, anche per non dover sempre trovarsi troppo spoglia e incapace nella sua rappresentanza a tenere in piedi governi e maggioranze quando il Paese avrebbe invece bisogno di sussulti di responsabilità. Perché come cantava qualcuno “è la gente che fa la storia”, e non sempre questa è una bella notizia se non ci sono luoghi ed esperienze solidali, per farla “insieme”, per essere insieme società. Per essere associazione non solo qui e “tra noi”, ma insieme a chi fugge dalla guerra e reclama umanità e diritti altrettanto umani, quanto a chi è colpito dalla malattia o dalla crisi.
Stefano Tassinari,
Vicepresidente nazionale ACLI, Responsabile Terzo settore