Di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita cristiana
Vi ricordate? Lo scorso agosto scrissi un articolo dove invitavo i lettori a mandare una mail al vescovo Francesco per chiedergli di sottoscrivere la lettera di Pax Christi International e Pax Christi Italia per premere sul Governo italiano affinchè firmasse il trattato sul bando totale delle armi nucleari approvato dall’ONU nel 2017. La proposta non era poi così strana. Pochi lo sanno ma la Santa Sede è stato il primo Stato al mondo a ratificare e papa Francesco è stato fondamentale in questo percorso. Ha sostenuto i negoziati e la campagna internazionale. E proprio nel 2017, dopo che il Trattato era stato approvato dalle Nazioni Unite, incontrando i responsabili della Campagna – che nel frattempo aveva ricevuto il premio Nobel per la pace – aveva ribadito con forza l’immoralità non solo dell’utilizzo delle armi nucleari, ma anche della loro presenza, della loro esistenza e del mero possesso. “La pace – ha detto Francesco durante la storica visita a Hiroshima nel novembre del 2019 – non può essere raggiunta attraverso la minaccia dell’annientamento totale.”
Ora dal 22 gennaio scorso il Trattato ONU che proibisce le atomiche è entrato in vigore. Sottoscritto da 86 Paesi e ratificato da 51, il Trattato sostiene, nero su bianco, l’illiceità non solo dell’utilizzo ma anche della detenzione, lo sviluppo, i test, il trasporto e, soprattutto, vieta l’immagazzinamento di armi nucleari. Proprio come aveva sostenuto papa Francesco. Certo tra i molti sottoscrittori non ci sono gli Stati Uniti e Russia che, secondo le ultime del Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma), possiedono più del 90% delle 13.865 armi nucleari sparse per la terra; seguono Cina, Regno Unito, Francia, Israele, Iran, Pakistan, India e Corea del Nord. Tra i sottoscrittori non c’è neanche l’Italia, benché un recente sondaggio abbia evidenziato che l’87 per cento dei nostri cittadini sostenga la proibizione. Val la pena ricordare che in moltissimi casi la potenza degli ordigni nucleari attualmente a disposizione è di gran lunga superiore alle bombe atomiche sganciata su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945.
Eppure è una svolta. Come ha scritto Lucia Capuzzi su Avvenire (uno dei pochi quotidiani che ha dato risalto alla notizia del Trattato), anche i Paesi che non hanno firmato “non saranno impermeabili ai suoi effetti, come la storia del disarmo dimostra. Pur senza aderire al divieto, ad esempio, gli Stati Uniti hanno interrotto la fabbricazione di munizioni a grappolo mentre 34 Paesi hanno congelato i movimenti di mine-antipersona. I trattati di proibizione, inoltre, stringono i rubinetti del credito: gli istituti finanziari spesso scelgono di non investire in “armi controverse”. Abp, uno dei cinque maggiori fondi pensione, ha già chiuso ai produttori nucleari.”
In una bellissima lettera sottoscritta il giorno del Trattato da leader della Chiesa cattolica di tutto il mondo (tra questi anche il Patriarca di Gerusalemme, mons.Pizzaballa) si “invitano i colleghi leader della chiesa a discutere e deliberare sul ruolo significativo che la chiesa può svolgere nel costruire il sostegno per questa nuova norma internazionale contro le armi nucleari. È particolarmente importante per le conferenze episcopali nazionali e regionali, nonché per le istituzioni e le fondazioni cattoliche, verificare se i fondi relativi alla chiesa vengono investiti in società e banche coinvolte nella produzione di armi nucleari. In tal caso, intraprendere azioni correttive ponendo fine ai rapporti di finanziamento esistenti e cercare modi per il disinvestimento.”
Chissà se resteranno solo parole al vento.