Il lavoro, il futuro dei giovani e le possibili strade per uscire da una crisi che da emergenziale sta diventando cronica. Di questo e di altro si è parlato nel corso della prima giornata dell’evento formativo “Giovani e lavoro: costruire fiducia per riGenerare lavoro”. L’appuntamento, organizzato dalle Acli, si svolge a Roma dal 2 al 3 febbraio.
“Il lavoro non è un tema laterale o marginale, il lavoro è il tema”. Con queste parole, Roberto Rossini – presidente nazionale delle Acli – ha aperto i lavori del convegno, organizzato con il contributo dei fondi del 5 per mille dell’anno 2014. Il presidente delle Acli ha dedicato un pensiero proprio all’utilizzo dei fondi, grazie ai quali “le Acli hanno fatto cose straordinarie per il bene comune del Paese”.
Secondo Rossini, “la progettualità Acli vuol dire creare processi che producono, coinvolgono e mobilitano persone. Per questo ci interessa avviare processi che abbiano un risvolto concreto sui nostri territori. Poi sarà necessario creare un luogo dove raccontarci le buone pratiche. È un compito grande – ha concluso Rossini – perché oggi ci troviamo in un periodo molto difficile”
Dei giovani e delle opportunità messe a punto dal Governo ha parlato il sottosegretario al Ministero del Lavoro, Luigi Bobba, che ha affermato: “Garanzia giovani è stato uno strumento innovativo per l’avvicinamento dei giovani alla formazione, all’orientamento al lavoro, ai tirocini e al sostegno del lavoro autonomo. Anche la sperimentazione del sistema duale, avviata dal governo per abbattere la dispersione scolastica e accelerare il tempo di inserimento al lavoro, ha dato i primi frutti, oltre alla decontribuzione che agevolerà le imprese che assumono giovani con un percorso formativo e di apprendistato.”.
“È necessario fare bene e farlo sapere”, ha sottolineato nel suo saluto d’apertura la presidente delle Acli di Roma, Lidia Borzì, che ha anche parlato di “stile aclista” nell’affrontare la tematica del lavoro.
Oltre al tema del lavoro, nei prossimi mesi verranno affrontati altri due temi che sono al centro dell’interesse delle Acli: la povertà e l’immigrazione. “Queste giornate avranno il compito di raccontare le cose che facciamo” ha affermato Erica Mastrociani, consigliere di presidenza Acli con delega al 5×1000 e alla formazione. “Pensando al simbolo della giornata mi è venuto in mente il gomitolo: stiamo riprendendo i fil della nuova stagione politica e uno dei fili dell’associazione è quello della formazione. Le nostre esperienze sono spalmate su tutto il territorio nazionale” e la rappresentanza di 20 realtà territoriali, presenti al convegno, impegnate nella realizzazione di progetti avviati grazie ai fondi del 5×1000 è la prova di quanto afferma la Mastrociani.
Creare delle piattaforme va bene, ma non bisogna perdere il contatto fisico e relazionale con le persone, ha ribattuto Santino Scirè, consigliere di presidenza Acli con delega al Lavoro e alla progettazione, che ha rivelato: “Vogliamo creare degli incubatori per i disoccupati, lanciare e produrre buone pratiche. Vogliamo puntare – ha aggiunto Scirè – a fare rete e caratterizzare il nostro fare con la concretezza. Lo vogliamo fare perché abbiamo come modello di riferimento Papa Francesco. Lo possiamo fare perché abbiamo sedi in tutto il territorio, nella consapevolezza che le poche azioni concrete che si fanno in Italia per i disoccupati vengono dalle associazioni. Se si creerenno i presupposti – ha concluso l’esponente siciliano – faremo ricorso all’esperienza di manager in pensione che hanno già aderito in linea di massima alla nostra proposta”.
Domenico De Masi, docente emerito di sociologia del lavoro presso l’università La Sapienza di Roma, si è concentrato sull’importanza della ricerca del lavoro. Dopo una panoramica sulle evoluzioni storiche che hanno portato alla società postindustriale, il professore ha indicato delle soluzioni alla crisi del lavoro. “È necessario investire nelle università e nello studio, per ridistribuire il sapere, le opportunità e il potere, riducendo l’orario di lavoro. Vi propongo di utilizzare i fondi del 5×1000 per creare una piattaforma che aggreghi i disoccupati – ha continuato il sociologo – che a differenza degli occupati non hanno un sindacato o un giornale. Ogni disoccupato aderirà con piglio rivoluzionario e si creerà un nuovo mercato del lavoro orientato all’autorealizzazione, più che al salario.”
Una proposta che genera un rischio, come sottolineato da Matteo Bracciali – coordinatore nazionale dei Giovani delle Acli -, quello “di creare una società di poveri. Bisogna costruire percorsi di mobilitazione e di impegno, di informazione sul divario generazionale – ha affermato Bracciali -e reagire ai falsi miti che le università hanno creato”.
Uno sguardo tecnico sul problema della disoccupazione in Italia è stato offerto da Renato Briante, esperto senior del Formez e dell’Isfol, che ha spiegato come il sistema lavoro non sta funzionando perché nel paese si investe poco nella ricerca del lavoro. “Non sono le leggi ma gli investimenti a fare la differenza con gli altri paesi europei – ha affermato Briante – questo fa sì che la crisi sia non solo finanziari ma anche di sistema. Per mandare i giovani all’università e avviare una rivoluzione del lavoro, bisogna dotare le famiglie di risorse. In Italia, invece, si investe più in sussidi che non fanno altro che mantenere lo stato di indigenza”.
Durante la giornata, è stata presentata anche l’esperienza del progetto Policoro, nato 21 anni fa e promosso dalle diocesi. Le attività principali, ha spiegato Monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, sono educare le coscienze, dare un aiuto ai giovani formati e contribuire all’evangelizzazione della vita e del lavoro. “Il problema reale – ha concluso Mons. Longoni – non è il bisogno di lavoro, perché anche le mafie forniscono svariate opportunità di guadagno. Il problema è la qualità di un lavoro che sia libero, creativo, partecipativo e solidale”.
Infine, Dario Carrera, fondatore di Impact Hub, ha chiuso il convegno offrendo una prospettiva innovativa basata sulla condivisione del sapere. Il coworking, su cui si basa la sua attività, ha l’obiettivo di incrementare la produttività dei professionisti che coabitano in un ambiente lavorativo. “Viviamo in un presente ricco di situazioni ibride – ha dichiarato Carrera – per cui le nuove generazioni si riconoscono maggiormente nelle realtà formali e informali delle start-up, rispetto a strumenti formativo che sono, ormai, obsoleti”.