L’attraversamento di un’esperienza umana come quella di una pandemia mondiale, in cui si è alla ricerca di qualche strumento di interpretazione e di attribuzione di senso della condizione in cui siamo immersi, ci ha portati, come ACLI, ad incoraggiare la pratica della narrazione, attraverso il racconto e la produzione di storie.
É stato così promosso il concorso letterario “Guardare il mondo dal balcone” storie, racconti e narrazioni di quotidianità e cura ai tempi dell’isolamento, lanciato nella prima fase della pandemia, che ha offerto l’opportunità di condividere rappresentazioni, fantasie, stati d’animo e pensieri sollecitati da una condizione emergenziale di limitazione sociale, attraverso lo strumento della storia e del racconto. Relazioni più o meno intime con oggetti, odori, sensazioni, percezioni e sguardi; reazioni inaspettate; consapevolezze nuove, fatiche e sofferenze hanno scandito il vissuto domestico del confino.
In poco più di un mese sono state raccolte 44 storie, provenienti da tutto il territorio nazionale (52% provenienti dal nord Italia, 34% dal centro e il 14% dal sud e dalle isole), equamente distribuiti per genere, con una piacevole novità: sono giunti anche racconti scritti da bambini.
Sono arrivati, in risposta al concorso, scritti personali, racconti di gruppo e di vita associativa, video, storie di fantasia, ovvero rappresentazioni simboliche della realtà vissuta, evidenziando, indistintamente, la voglia ed il bisogno di comunicare.
Le storie parlano a chi le ascolta e allo stesso tempo a chi le racconta: favoriscono l’emergere di nuove consapevolezze riguardo sè stessi e gli altri e ci informano sul rapporto che intercorre tra la nostra esperienza e la/le comunità in cui ci riconosciamo e per questo rappresentano una fonte inesauribile di conoscenza e un impulso per l’apprendimento individuale e sociale.
Questo materiale ci ha consentito di tessere la trama di un racconto di stra-ordinaria quotidianità reale, immaginaria, breve o dettagliata, interiore o simbolica. Sono rappresentazioni, “istantanee”, che appartengono alla dimensione dell’abitare e allo sguardo dal balcone, durante il primo step.
Un materiale prezioso che è memoria collettiva, perché attraverso il recupero dei vissuti condivisi si rinsalda l’identità e si comprendono i processi storici; e si stimolano processi riflessivi e di crescita nelle persone coinvolte nel racconto di sé in questa fase delicata della vita.
Incentivare, coltivare e sviluppare la capacità narrativa individuale e collettiva, esprime quindi una valenza educativa e formativa, proprio nella capacità di facilitare percorsi di crescita e cambiamento individuale e sociale. Le storie attivano un complesso percorso di comprensione, di costruzione e decostruzione dei significati dal momento in cui ci consentono un’esplorazione delle esperienze, dei corsi di azione, delle condizioni difficili in uno specifico contesto e in un tempo dato.
La vita stessa è narrazione in quanto storia, diceva Barthes, che si intreccia con le storie di altre vite, potremmo aggiungere. Sin dalla nascita siamo immersi all’interno di trame narrative collettive che costituiscono atti sociali e la narrazione è uno strumento privilegiato di trasmissione culturale.
Occuparsi delle storie, valorizzandone il processo narrativo, è stata una bella esperienza ed un compito importante che trova adeguato spazio in una realtà associativa come le ACLI chiamata a sviluppare i processi formativi, educativi e culturali della comunità.
A cura della Funzione Formazione ACLI