“Crisi” è una parola forte, con quelle due consonanti inziali che esprimono tutta la forza della vita che ti cade addosso. Eppure, viene dal greco krino, che significa “scegliere”, “discernere”. E, mentre osservo dal balcone questa improvvisa immobilità in cui siamo immersi, succede che sia la vita a scegliere per noi, a trovare risposte a tutte quelle domande che ci portiamo dietro per anni, senza trovare soluzioni.
La crisi, il distanziamento fisico, la paura, portano con sé una domanda: a cosa e, soprattutto, a chi tieni veramente? Cosa è veramente importante per te, nella tua vita privata, in quella lavorativa, in quella associativa? E la risposta arriva prepotente, non puoi ignorarla.
Gli aclisti di Bologna capiscono così che sono gli anziani quelli che rappresentano tutta l’urgenza della loro preoccupazione. E i bambini, come opposti complementari, scomparsi dalle strade, dal vociare dei cortili, dal radar della politica. Per loro si inventano “Adotta un nonno”: si mancano l’un l’altro, nonni e nipoti. Facendoli incontrare al telefono portano ad entrambe le categorie una boccata d’ossigeno.
Così, ai nonni soli torna il sorriso e, alcuni per la prima volta, hanno qualcuno da voler abbracciare quando tutto questo sarà finito. Una speranza personale che diventa una metafora della vita, dell’inevitabile staffetta tra generazioni, anche per chi era ormai rassegnato a non avere nessuno da amare, nessuno da aspettare e che lo aspettasse alla fine di questa crisi.
Poi, come sempre, la vita dà risposte anche alle domande che non abbiamo fatto. Succede che alle Acli scrive Mario. “Io non sono un bambino, ho 20 anni. Ma sono uno studente fuorisede e mi mancano i miei nonni, ora lontani, nella mia Sicilia. No, non sono più un bambino, ma anche io ho bisogno di un nonno, a Bologna”.
Mario è uno di quelli che, con coraggio e buon senso, non sono tornati a casa per non mettere a rischio la loro terra, così bella e così fragile.
Il giorno prima, aveva chiamato nonno Pino. Voleva un nipote, ma non troppo piccolo, “perché sono burbero, io ai bambini non so cosa dire”. Allora è tutto chiaro: non lo sapevamo noi, non lo sapeva Mario, non lo sapeva Pino, ma eravamo tutti lì, uno per l’altro, al posto giusto, nel momento giusto. Non è questa la Provvidenza?
Adesso anche Pino, alla fine di tutto, avrà qualcuno da aspettare – e che lo aspetta. Mario avrà qualcuno da cui tornare quando sarà a Bologna e anche quando sarà in Sicilia. Studia medicina: se starò male, un giorno, spero che mi curerà lui. Perché questo carico di umanità gli resterà sempre attaccato addosso, perché il ricordo dei suoi nonni, di Pino, gli resterà là, nel cuore che batte sotto il camice bianco.
Mario sarà il miglior medico del mondo e Pino e noi delle Acli di Bologna ed io il giorno della sua laurea piangeremo con lui. Stavolta, però, di gioia.