Quando il carro funebre si allontanò, imboccando una stretta via circondata da due file di tigli rigogliosi, Erik era solo un bambino come tanti.
Suo padre lo aveva preparato nei giorni precedenti, dicendogli che il nonno “sarebbe volato in cielo” e che “avrebbe raggiunto gli angeli” ma, alle sue orecchie, queste parole erano risuonate aliene e prive di senso: a 10 anni non si può pensare seriamente alla morte, ammesso che esista un’età in cui sia possibile pensarne. Non capiva perché suo nonno dovesse improvvisamente volare in cielo e abbandonare un mondo pieno di cose divertenti, rinunciando ai suoi amati nipoti, al golf, alle omelettes e alle partite del Manchester United.
Qualche giorno dopo il triste evento, nella villa di campagna in cui il nonno aveva trascorso gli ultimi anni della sua esistenza in compagnia di un vivace Fox Terrier e nella quale la famiglia si era rifugiata nel tentativo di alleviare il dolore generato da una scomparsa inaspettata, Erik s’imbatté in una gigantesca e polverosa libreria, ricolma di libri storici, la grande passione del nonno.
“Prima Guerra Mondiale”, Erik scorreva con il ditino… “Guerra in Vietnam”, Erik prendeva un volume a caso con in copertina la famosa scena dei ragazzini che corrono urlanti, inseguiti dal napalm lanciato da un elicottero americano…d’improvviso, mentre passava in rassegna tutti quei testi, il bambino notò che, in una fessura, s’intravedeva un foglio di carta.
La calligrafia, a mano e incerta, era ancora chiara.
Erik iniziò a leggere:
“Cari Jack, Margaret e nipoti,
queste sono le mie ultime ore. Ho visto in televisione che il nostro primo ministro ha citato Winston Churchill: “siamo in guerra”, ha detto.
Questa non è una guerra, dico io, invece: è solo un piccolo, maledetto, virus. Non ci sono battaglie notturne, mitragliatrici, AK 47 a tracolla; non c’è il rancio fetido delle trincee…non si dovrebbero usare le parole a caso.
Ebbene, dopo essere sopravvissuto a eventi che sono finiti sui libri di storia, adesso è giunto il momento di dirvi addio. Non mi duole abbandonare questa Terra, divenuta troppo invivibile per i vecchi come me; quello che mi addolora, semmai, è sapere di lasciare un mondo così malconcio ai miei nipoti.
Malgrado ciò, non tutto è ancora perduto. Vi racconto una storia.
Una volta, molti anni fa, mentre passeggiavo per le vie di Soho, il mio sguardo cadde sulla vetrina di una piccola boutique, nella quale era esposto un bellissimo vaso di ceramica dalle fattezze orientali, attraversato, a metà, da una linea dorata: non avevo mai visto nulla di simile, per cui, incuriosito, mi recai all’interno del negozio e domandai alla commessa come fosse stato realizzato quel vaso. Mi spiegò che si trattava del Kintsugi, una tecnica giapponese che consisteva nell’impreziosire con la polvere d’oro le crepe degli oggetti di ceramica ricomposti dopo una rottura accidentale. L’idea che la rottura potesse generare una nuova bellezza, mi apparve del tutto rivoluzionaria.
“Un vaso rotto può divenire ancora più bello di quanto non lo fosse in origine”: me ne convinsi allora, in quel negozio, e non me ne dissuasi più.
Non lasciatevi, quindi, sopraffare dalla paura: le avversità e le tragedie, anche le più grandi, non sono fenomeni sterili ma, anzi, sono foriere di rinascita e di rigenerazione.
Da questa brutta faccenda nascerà qualcosa di buono, alla fine, abbiate fede.
Vostro William”
Erik sorrise, con gli occhi umidi, richiuse la lettera, e la ripose nella fessura.