Per introdurre il tema della terza fedeltà delle ACLI, la fedeltà alla Chiesa, strettamente interconnessa con la fedeltà ai lavoratori e la fedeltà alla democrazia, è illuminante questo breve brano di un articolo, La vitale formula cristiana, scritto dall’allora monsignor Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano e pubblicato su L’Osservatore Romano dell’11 dicembre del 1959.
Il futuro Papa Paolo VI scrive: «Per ciò che già è stato realizzato, per ciò che rappresentano e, ancor più, per la speranza che danno al nostro popolo di migliore giustizia sociale, di metodo ordinato e democratico, di graduale evoluzione civile ed economica, di pace civile e di fede religiosa (…) sulle ACLI non invano riposò la fiducia di due pontefici, l’uno, Pio XII, che può dirsi il loro patrono e maestro e che ha lasciato una cospicua eredità di insegnamenti e di incoraggiamenti; l’altro, il Papa vivente, Giovanni XXIII, che ha dato preziosi attestati della sua bontà, continuando a indicare il retto cammino».
Non possiamo, quindi, esimerci dal ricordare le parole pronunciate dal Presidente Nazionale delle ACLI Dino Penazzato nel suo discorso delle tre fedeltà del 1°maggio 1955: «La fedeltà alla Chiesa è la fedeltà ad un insegnamento morale che pone le basi di ogni saldo rapporto tra gli uomini, che ispira il superamento degli egoismi, la sola via per costruire per sempre. Fedeltà a un insegnamento sociale che poggia sui valori supremi dell’uomo, della famiglia, del servizio sociale, della solidarietà, in cui l’azione sociale, nel suo impegno rinnovatore, trova la guida sicura. Ed è dunque senza fatica che noi respingiamo ogni tentativo o lusinga che volesse incidere su questa nostra prima fedeltà. Essa non conosce condizioni, essa non pone condizioni che contrastino con le nostre attese: non vi è dunque nulla che possa rendere incerto il nostro successo».