Tanto tuonò che piovve. Una pioggerellina leggera che, se non si farà insistente, neppure bagnerà il terreno delle mancate politiche europee arso da una stagione troppo lunga di siccità. Dopo anni di ostruzionismo e muro contro muro con l’Europa sul fenomeno dell’immigrazione, l’ultimo incontro alla Valletta fra Francia, Germania, Finlandia, Malta e Italia è apparso come un gesto distensivo di cui tutti avevano indubbiamente bisogno.
Il contenuto della bozza sottoscritta dai quattro Paesi è però deludente, con non poche criticità, tre delle quali particolarmente rilevanti: la prima è che nell’accordo, che si intende allargare agli altri Paesi UE in un meeting programmato a Lussemburgo per l’8 ottobre, si promuove un meccanismo di redistribuzione automatica dei migranti, ma su base volontaria. Ben venga, dunque, il riconoscimento da parte dei primi quattro Paesi che la gestione degli sbarchi deve essere condivisa a livello europeo, ma quanti altri stati membri aderiranno a questo progetto? Una simile proposta fu già avanzata, ma la reazione e partecipazione a questo meccanismo è oscillato fra il freddo (la maggior parte dei paesi dell’UE) e il glaciale (paesi Visegrad). Lo sapremo a breve se qualcosa sarà cambiato, ma il numero di adesioni rimane una grande incognita.
Al di là di questa incertezza, la redistribuzione automatica prevede un doppio vincolo: vale solo per gli sbarchi di Malta e Italia, nonostante il maggior numero di migranti approdi in Spagna e Grecia; inoltre, vale solo per le persone che toccano terra mediante mezzi militari o Ong, nonostante il 90% circa dei migranti arrivi con le cosiddette barche fantasma. A tal proposito, riteniamo che tutti i migranti debbano essere protetti, a prescindere dalla modalità di arrivo e dalla rotta capitata.
La seconda criticità riguarda l’Accordo con la Libia. Sul piano dei diritti umani la storia non potrà non chiederci come abbiamo potuto permettere che nel Mediterraneo siano morte migliaia di persone – oltre 5000 in due anni – e che altre migliaia di persone siano state abusate, ingiustamente detenute o riportate indietro dalla Guardia costiera libica buttandole in pasto al traffico di esseri umani. E pensare che l’Accordo Italia-Libia, siglato nel febbraio 2017 per ridimensionare il flusso migratorio verso l’Europa, era volto, attraverso considerevoli sostegni e finanziamenti, a ridurre il traffico illegale via mare e a migliorare le condizioni disumane dei cosiddetti centri di accoglienza libici. Questo, come testimoniano le grandi organizzazioni internazionali, le Ong e gli stessi migranti che riescono a fuggire da questo incubo, non è avvenuto.
Terzo e non ultimo, per effetti dell’applicazione del punto 9 dell’accordo firmato a Malta il 23 settembre scorso, le Ong impegnate in missioni di salvataggio nel Mediterraneo, dovranno sottostare alle indicazioni dell’Mrcc (Maritime rescue coordination centre) e quindi della Guardia Costiera Libica che, presumibilmente, attiverà le stesse discutibili procedure di sempre. È plausibile che chi – le Ong- fino a ieri ha salvato vite umane in mare continui a ritenere la Libia un Paese non sicuro e tornerà ad essere criminalizzato? A scanso di equivoci e in maniera preventiva, dichiariamo che resteremo schiarati al loro fianco.
Ecco perché come Acli, insieme ai promotori della Campagna Io accolgo, chiediamo ai governi europei la coerenza e il coraggio di cancellare immediatamente l’accordo con la Libia. Al governo italiano chiediamo inoltre di abrogare al più presto i due decreti sicurezza e di mettersi alla guida della riforma del regolamento Dublino III, proponendo ai Paesi dell’UE un sistema permanente ed automatico di ricollocamento che valorizzi i legami significativi dei richiedenti asilo, sottolineando così l’aspetto umano e non numerico del fenomeno migratorio. Dopo la stagione dei respingimenti incondizionati, dei diritti negati e della disumanità fatta a politica, c’è da far nascere una nuova stagione di riforme che ponga al centro gli esseri umani e l’umanità. Serve uno sguardo nuovo sul Mediterraneo. I segnali che giungono dall’Europa e dall’Italia, seppur timidi, sono incoraggianti. Solo il tempo ci aiuterà a misurarli.
Antonio Russo
Consigliere di Presidenza nazionale Acli con delega all’immigrazione