Domenica 7 aprile 2019

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Una strada nuova: Gesù riscrive una storia diversa per ognuno di noi

A cura di don Edoardo Algeri, presidente della Confederazione italiana dei Consultori familiari di ispirazione cristiana.

Il Vangelo di questa domenica si apre con una ferma volontà di morte e di condanna, nei confronti di una donna e dello stesso Gesù, ma si chiude con uno stupendo incontro tra quelle che sant’Agostino nel suo commento a questo passo chiama misera (la donna) et misericordia (Gesù). Alla fine di questo momento verranno finalmente sancite la condanna dell’errore e la salvezza dell’errante: “va’ e non peccare più”. Il Dio che Gesù tratteggia è lo stesso dell’Antico Testamento: non gode della morte del peccatore, ma che desista dalla sua condotta e viva (Ez 33,11). È questo il verdetto favorevole di tutto il tempo di Quaresima che sta per concludersi.
Nel racconto di Giovanni il primo vero obiettivo che si vuole centrare è Gesù; per arrivare a togliere di mezzo lui con l’inganno ci si può anche servire di una povera donna accusata di adulterio. La pena della lapidazione è tanto più orribile e terrificante se si pensa che ad eseguire questo tipo di condanna a morte è la collettività, il gruppo, dietro al quale il singolo si può nascondere, in un clima di euforia giustizialista che annienta senza troppi preamboli la persona incriminata. È atroce se si pensa al micidiale ffetto delle pietre scagliate a raffica contro il condannato da una folla spesso inferocita. Pensiamo al fatto che questa forma di condanna venga ancora praticata in alcune parti del mondo, ma anche a come tante volte vengano lanciate contro la dignità di ogni essere umano parole pesanti ed appuntite come le pietre del pregiudizio, della calunnia, delle offese del tutto gratuite, della discriminazione, della prepotenza, del ricatto. Anche questo genere di esecuzione fa molto male e causa ferite inguaribili in chi le subisce.
Il Vangelo allora ci rimanda alla scuola di Gesù-maestro che non a caso inizia a tratteggiare dei segni nel terreno polveroso. Egli rimanda alla realtà della polvere che compone la natura umana e che rende tutti gli uomini uguali per quanto riguarda il peccato. Tutti sono uniti da una stessa realtà e tutti hanno qualcosa di cui essere accusati dalla legge e per cui scontare delle pene. Effetto del peccato che abita nel mondo è la volontà di ferire o di uccidere che abita nel cuore dell’uomo, il desiderio di armarsi contro gli altri in un mondo denso di tenebre dove non si è più capaci di riconoscere l’altro come un fratello e dove persino la relazione uomo-donna si trasforma terreno di battaglia o in aula di tribunale.
La lezione di Gesù insegna che è possibile riscrivere una storia diversa nella vita di ogni Adamo, una storia fatta da Dio, che solo può operare una cosa nuova (prima lettura). In Gesù Cristo l’uomo rinasce a vita nuova, dall’alto, dallo Spirito e nella Verità per vivere in pienezza il comandamento nuovo. Il dito che scrive sulla terra non è più un dito che vuole incriminare – Dio non ha mandato il suo figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3,17) – indica invece una strada nuova risolvere i conflitti, cercare la giustizia e rapportarsi ancora con il colpevole. Su questa strada cammina l’uomo nuovo, sorretto dal soffio dello Spirito e dalla consapevolezza della sua umiltà, capace di amare e perdonare i buoni e i cattivi, gli amici e i nemici, i giusti e gli empi, l’uomo che sa di non essere più bravo degli altri.