Una sorta di strabismo di sistema: è quanto ci pare di cogliere leggendo il Rapporto sul mercato del lavoro 2018, presentato da Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail, Anpal. Il Rapporto presenta molte riflessioni, che approfondiremo adeguatamente. Ma una su tutte ci ha subito colpito, ossia l’evidenza di come nel nostro Paese si sprechi il capitale formativo umano. Al (purtroppo, ormai ripetuto) mismatch tra il sistema di istruzione e formazione e il mercato del lavoro, si affianca il fatto che molti lavoratori vorrebbero lavorare di più e non possono, vorrebbero utilizzare meglio la formazione acquisita e non possono. È evidente come occorra ricalibrare il sistema di formazione oppure il sistema di produzione: oppure entrambi.
Molti dati del rapporto sottolineano un problema “di vista”, ossia la mancanza di una visione di lungo periodo, fondamentale per un Paese che potrebbe essere all’avanguardia.
Ci pare utile sottolineare i punti positivi e negativi su cui l’azione della politica sarebbe decisiva.
Punti positivi:
1) Nell’area dell’euro, coerentemente con il rallentamento della crescita del Pil, prosegue a ritmi meno sostenuti l’aumento congiunturale dell’occupazione (+0,3% nel terzo trimestre 2018), che raggiunge il massimo storico in valore assoluto. Continua anche la diminuzione del tasso di disoccupazione, all’8,1% nel terzo trimestre 2018.
2) In Italia, il mercato del lavoro mostra una sostanziale tenuta, a fronte di segnali di flessione dei livelli di attività economica.
3) Nei dieci anni è aumentata la presenza femminile, dei lavoratori “anziani”, di quelli più istruiti, e degli stranieri (soprattutto nei settori alberghi e ristorazione, agricoltura e servizi alle famiglie).
4) Nel 2017 vi sono stati 773 mila primi ingressi di giovani di 15-29 anni nel lavoro dipendente, parasubordinato e in somministrazione. Essi rappresentano il 35% del totale degli oltre 2 milioni di individui che, nella stessa fascia di età, sono stati interessati dall’avvio di almeno un rapporto di lavoro nell’anno. Il dato risulta in crescita rispetto al 2016 (+28,4%) e in confronto a due anni prima (+34,4%, 198 mila in più).
Punti negativi:
1) Gli occupati sovraistruiti sono 5 milioni 569 mila, il 24,2% del totale e il 35,0% degli occupati diplomati e laureati.
2) Nel 2017, hanno lavorato meno ore di quelle che sarebbero stati disponibili a lavorare circa 1 milione di occupati (4,4% del totale). In media un sottoccupato sarebbe stato disponibile a lavorare circa 19 ore in più a settimana.
3)Un investimento in istruzione che non trova adeguato sbocco lavorativo può comportare la decisione di migrare all’estero. Tra i dottori di ricerca del 2014 occupati, il 18,8% vive e lavora all’estero a quattro anni dal conseguimento del titolo
4) Con un tasso di disoccupazione all’11,7% nel 2017, l’Italia si colloca al terz’ultimo posto nella graduatoria Ue28 (7,6% la media europea).
5) Si è inoltre accentuato il dualismo territoriale a sfavore del Mezzogiorno (-262 mila occupati a fronte di +376 mila nel Centro-Nord).