“Il cambiamento? Forse è rinviato” questo il commento di Agnese Ranghelli, responsabile del Coordinamento Donne delle Acli, di fronte alla scelta di destinare incarichi di governo a sole 10 donne fra Ministre, Viceministre e Sottosegretarie, a fronte di 53 uomini che ricoprono ruoli apicali nel ‘Governo del cambiamento’.
“Avevamo appena fatto in tempo a gioire del superamento della soglia del 30% delle elette, quando è arrivata questa notizia” afferma Ranghelli ricordando i dati emersi dalla ricerca presentata il 1 giugno in Senato, che evidenziano proprio la penalizzazione femminile sul lavoro, soprattutto nei ruoli apicali.
“Nonostante le candidate fossero quasi quanto gli uomini – e le elette più del 30%, superando la soglia della precedente legislatura; e nonostante sia una donna la Presidente del Senato, tuttavia – spiega Ranghelli – alle valide premesse non è seguito un altrettanto confortante risultato per quanto riguarda il vertice piramidale”.
“D’altra parte, come evidenziato anche dalla ricerca delle Acli ‘Valore lavoro’, la storia si ripete in molti ambiti. Eclatante il caso della scuola: la stragrande maggioranza delle insegnanti è donna, ma i Dirigenti scolastici e, ancor più, i Rettori degli Atenei sono pressoché tutti uomini. Anche nel ‘Governo del cambiamento’, dunque persiste una diffusa visione mascolinizzata della politica, sebbene il valore aggiunto delle donne al vertice, soprattutto nelle decisioni che riguardano i temi del lavoro, del welfare, della famiglia, dell’istruzione, della mediazione politica, sarebbe determinante. Lo stile femminile di condurre le trattative e lo sguardo che hanno sul mondo – prosegue la Coordinatrice – potrebbe essere portatore di vero cambiamento”.
“Persino le Pari Opportunità sono in mano ad un uomo, mai accaduto nei governi precedenti: non discutiamo certamente sul valore del singolo – afferma Agnese Ranghelli – ma, certamente, il potere è ancora un sostantivo maschile e questo è penalizzante per tutta la società. Le elettrici stesse, che sono quasi pari agli elettori, evidentemente non premiano le donne in cabina elettorale. Con questo non voglio di certo sostenere che essere donna sia di per sé una virtù morale o che sia ontologicamente un valore aggiunto – osserva la Coordinatrice Acli – e non riteniamo neppure che le ‘quote rosa’ siano l’unica soluzione percorribile. Infatti – prosegue – ci rendono troppo spesso semplici pedine di giochi di potere maschile”.
“Il problema di fondo – conclude Ranghelli – è quello di vedere riconosciuto il ruolo femminile, partendo dal presupposto che quel doppio svantaggio che hanno le giovani donne rispetto ai coetanei, non si colma mai, neppure dopo un’intera vita ‘di rincorsa’. E troviamo inconcepibile, in particolare nel 2018, che sussistano stereotipi antichi sulle donne, considerate inadatte alla politica – e che la maternità sia considerata un handicap. Ci stupiamo del crollo della natalità, quando l’intera società, dal mondo del lavoro a quello della politica, rema contro la piena realizzazione delle donne, non fornendo loro gli strumenti di conciliazione dei tempi di lavoro e di vita e i servizi utili a superare questa penalizzazione”.