La forbice tra i ricchi, coloro che hanno redditi superiori a 120 mila euro annui, e i poveri, con meno di 10 mila euro annui, in Toscana si è allargata, e tra il 2008 e il 2015 il divario tra benestanti e meno abbienti è aumentato del 6,7%, più di due punti percentuali rispetto alla media italiana (+4,3%).
E’ uno dei dati che emerge dal rapporto “Il modello toscano alla prova della crisi” elaborato da Iref e presentato da Acli Toscana. La ricerca, spiega una nota, punta a misurare gli effetti della crisi economica sui territori toscani.
Il maggiore aumento del divario è stato registrato nelle province di Massa-Carrara (+14,8%), Pistoia (+11,5%) e Lucca (9,5%), seguite da Grosseto (7,4%) e Livorno(6,9%). Arezzo (3,1%) e Pisa (2,9%) sono invece sotto la media nazionale.
Unica realtà toscana in controtendenza è Siena, dove il divario è diminuito dello 0,1%.
Per quanto riguarda invece il tema del lavoro, la Toscana nel 2016 è tornata ai livelli di impiego pre-crisi con un tasso di occupazione del 69,9%, ben 8,3 punti sopra la media nazionale. Ad essere peggiorata però è la qualità del lavoro con un aumento dei contratti part-time, passati dal 13,7% nel 2004 al 19,3% nel 2016, e dei lavoratori a tempo determinato, la cui percentuale è cresciuta dall\’11,8% al 14%.
\”Nonostante l\’economia toscana abbia attutito i contraccolpi della recessione – afferma Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana – la depressione economica ha causato un palese peggioramento delle condizioni sociali. La flessibilità non ha funzionato sino in fondo a fronte di un mercato del lavoro ingessato, che non riesce ad assecondare la mobilità sociale dei lavoratori verso impieghi dignitosi. Le principali vittime sono stati in particolare i giovani e le donne\”.