Dopo un lungo percorso parlamentare è stata approvata una riforma costituzionale che diverrà legge, se passerà la prova del referendum popolare del prossimo ottobre.
I contenuti della riforma cambiano parte dell’architettura istituzionale del nostro Paese. Quindi è importante comprendere gli aspetti essenziali per poi assumere una posizione consapevole, quando sarà il tempo di esprimere la propria opinione.
Il cambiamento passa per almeno cinque punti, sui quali saremo chiamati a decidere, se migliora o meno la qualità della nostra democrazia.
La riforma del bicameralismo perfetto. Fino ad oggi i due rami del Parlamento Camera e Senato sono eletti a suffragio universale e hanno gli stessi poteri: promulgano leggi, esprimono fiducia al governo. Se entrerà in vigore la nuova riforma, il Senato sarà composto da 100 parlamentari: 95 eletti dai consigli regionali (74 tra i consiglieri regionali stessi e 21 tra i sindaci dei comuni), 5 dal Presidente della Repubblica. Ogni regione avrà almeno 2 rappresentanti. La Camera, i cui deputati continueranno a essere eletti dai cittadini, manterrà tutte le sue funzioni: esprimerà una maggioranza, la fiducia al governo, promulgherà leggi, ecc.
La riforma del Senato. Il secondo ramo del parlamento cambierà ruolo. Assomiglierebbe molto a una “Camera delle autonomie”, che propone modifiche entro un tempo determinato alle proposte di legge che verranno formulate, mentre manterrà i poteri attuali sulle Riforme Costituzionali, sull’approvazione delle leggi dell’Unione Europea, sulle modifiche delle leggi elettorali e su quelle che riguardano le autonomie.
Riduzione dell’autonomia delle Regioni. Nella riforma è previsto un accentramento nello Stato di 21 materie che erano attribuite alle Regioni, come le grandi reti di trasporto, l’energia o le infrastrutture strategiche.
Introduzione di elementi di “garanzia”. Questa nuova struttura, se da una parte snellisce l’apparato, dall’altra conferisce maggiori poteri alle maggioranze che si formeranno e ai governi futuri. Perciò vengono introdotti alcuni elementi che, secondo i sostenitori della riforma, dovrebbero garantire le opposizioni e le minoranze. In primo luogo c’è l’impugnazione della legge elettorale: appena una legge elettorale viene approvata dalle Camere, anche per l’Italicum ora in vigore e mai utilizzato, questa potrà essere impugnata di fronte alla Corte costituzionale, e quindi verificata prima della sua sperimentazione.Un altro elemento di garanzia è la modifica dell’iter per l’elezione del Presidente della Repubblica che dovrà avere sempre una maggioranza qualificata: all’inizio, come ora, dei due terzi, poi dal quarto scrutinio dei tre quinti degli elettori e dal settimo scrutinio dai tre quinti dei votanti. Ulteriore elemento di garanzia è la modifica e l’introduzione di strumenti di democrazia diretta. Infatti la riforma prevede da una parte la diminuzione del quorum (metà dei votanti alle precedenti elezioni politiche, invece che metà degli aventi diritto al voto) in occasione di referendum abrogativi, quando saranno raccolte per promuoverli 800mila firme, e dall’altra parte l’introduzione di referendum propositivi se verrà approvata in futuro una apposita legge Costituzionale.
Riduzione del numero di Parlamentari e dei loro costi. I parlamentari diminuirebbero passando dai quasi mille a 730. Inoltre per i senatori non sarà prevista indennità e quindi non graveranno sulle casse dello Stato.
C’è tempo, prima di prendere una posizione, pensiamoci. Però ragioniamo sul contenuto; e soprattutto speriamo di non trasformare una discussione sulla qualità della nostra democrazia su un sondaggio di opinione sull’operato di un governo.