Proseguono gli incontri sui trattati internazionali Ttip e Ceta. Ma prosegue anche la mobilitazione dei cittadini. Il 13 luglio, per esempio, quando la Commissione europea presenterà a Roma la valutazione d’impatto del Ttip sullo sviluppo sostenibile, in tutta Italia si svolgeranno iniziative creative per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e bloccare gli accordi.
È davvero interessante seguire gli sviluppi che nelle ultime settimane hanno riguardato i due trattati internazionali sul commercio che l’Unione europea sta negoziando rispettivamente con Stati Uniti e Canada: il Ttip (Transatlantic trade and investment partnership) e il Ceta (Comprehensive economic and trade agreement).
Da un lato il Ttip sembra entrato nelle pastoie di una serie di ostacoli che lo stanno fortemente rallentando.
A spingerlo verso un cono d’ombra sono le sempre più numerose dichiarazioni di politici europei che lo hanno criticato. Tra questi ci sono il viceministro al Commercio estero francese, Matthias Fekl, lo stesso presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker che ha manifestato la necessità di interrogarsi sugli obiettivi di questi negoziati, fino al premier francese Manuel Valls, che di recente ha dichiarato ai membri del partito socialista al governo: «Posso dirvi francamente che non ci può essere un accordo sul trattato transatlantico. Questo accordo non è sulla buona strada». Valls ha poi aggiunto che varare il Ttip rappresenterebbe «un male per la nostra economia», riferendosi in specie al settore agroalimentare francese.
Riflessione sulla propria capacità produttiva che forse converrebbe anche all’Italia, non per sciocco nazionalismo ma per il rispetto delle specificità nazionali e in base a un’analisi seria dei settori strategici per il sistema Paese, molti dei quali sono stati negli ultimi decenni abbandonati e/o ceduti a gruppi stranieri.
Sembra proprio che lo spazio politico per l’accordo si vada riducendo. A determinare lo stallo e le crescenti perplessità manifestate dai politici c’è certamente la montante opposizione della società civile agli accordi che, se inascoltata, innescherebbe una sfiducia generalizzata nei confronti dell’Unione, impegnata a rigenerarsi nella fase post Brexit.
A fine giugno la Campagna italiana insieme a 240 ong europee ha scritto a Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo e ai capi di Stato dei 28 Paesi membri per chiedere il ritiro immediato del mandato riguardante il Ttip; ma l’azione congiunta delle tante organizzazioni schierate contro questo genere di accordi si è fatta sentire anche in altri modi (a partire dalla reiterata richiesta di maggiore trasparenza nei negoziati), e perfino le posizioni di due accesi sostenitori del Ttip come la Commissaria europea al commercio, Cecilia Malmström, e il ministro per lo Sviluppo economico italiano, Carlo Calenda, sembrano vacillare.
Cecilia Malmström, dopo aver dichiarato ai giornalisti «il mio mandato non mi è stato conferito dal popolo europeo», ha visto la stessa Commissione affermare che il trattato con il Canada è un accordo “misto” (non di esclusiva competenza dell’Unione), e, in quanto tale, deve passare per il vaglio dei Parlamenti nazionali.
Carlo Calenda, pur sostenendolo ancora, ha di recente dichiarato che «se il Ttip è finito è perché siamo andati lunghi. Io credo che sarà così, cioè che lo spazio politico in Europa e negli Stati uniti per approvarlo sia ridotto a zero». Entrambi i politici hanno probabilmente sottovalutato l’opposizione della società europea.
Si ha l’impressione che l’aria sia cambiata, per il mutamento della situazione interna ed internazionale. Non è però il momento di abbassare la guardia perché i pericoli non sono finiti. Anzi, ce ne sono almeno due molto reali, come ricorda Monica Di Sisto, portavoce della campagna Stop Ttip Italia: il primo è che per difendere l’Europa si diventi troppo accomodanti ai tavoli delle trattative sul Ttip; il secondo riguarda l’approvazione provvisoria del Ceta.
Il Ceta è in una fase negoziale molto più avanzata rispetto al Ttip. La Commissione europea ha già concluso i negoziati con il Canada lo scorso febbraio ed entro quest’anno il testo del trattato verrà dapprima sottoposto ai 28 ministri per il Commercio nel Consiglio Ue, per poi passare al Parlamento europeo. Per la ratifica, come si è visto, sarà necessaria l’approvazione di tutti i Parlamenti dei 28 Stati membri. Tuttavia la Commissione ha ottenuto che intanto una parte del trattato entri in vigore.
Questa “parte”, come già segnalato altrove, è tutt’altro che esigua: riguarda tariffe e regole di base che fanno problema, come nel caso della creazione di un arbitrato ad hoc tra multinazionali e Stati (possibile con l’introduzione della clausola Isds).
La clausola Isds a clausola Isds (Investor-State dispute settlement) è introdotta per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stato e prevede un tribunale arbitrale a cui le imprese potrebbero ricorrere qualora ritenessero che gli Stati non rispettino i principi del libero scambio contenuti nell’accordo. Un tale organo di giustizia consegnerebbe nelle mani delle multinazionali le chiavi della legislazione europea sul lavoro, servizi e industria, poiché le norme nazionali che verrebbero aggirate sono volte a tutelare l’interesse pubblico (protezione sociale, sanitaria, ambientale), ed esporrebbe gli Stati al rischio di dover versare enormi risarcimenti o alla rimozione delle norme medesime.
Oltretutto diverse multinazionali, tra cui Monsanto, McDonald e Microsoft, hanno delle consociate con sede legale in Canada, e in caso di contenzioso con l’Ue potrebbero passare da quelle sedi, anche se il Ttip non andasse in porto.
Ben il 95% del Ceta potrebbe entrare in vigore prima che i Parlamenti nazionali lo esaminino, dando spazio ad un trattato commerciale che – come il gemello Ttip – ha un impianto che mira a facilitare la circolazione di prodotti e servizi, sbilanciata sul diritto al commercio a discapito del diritto alla salute e alla sicurezza alimentare.
Ecco perché la Campagna Stop Ttip, insieme alle campagne europee, è impegnata attualmente sul duplice fronte Ceta-Ttip. Nel primo caso è stata lanciata l’iniziativa europea “Ceta Check” (accessibile dal sito della Campagna), attraverso la quale i cittadini possono far conoscere la propria posizione a chi sarà chiamato a prendere una decisione e, per contro, conoscere quella dei propri rappresentanti al Parlamento europeo ponendo loro domande sul Ceta. Inoltre è stato diffuso un video, facilmente comprensibile anche per chi non è esperto, che spiega le ragioni dell’opposizione al Ttip e che chiunque può consultare.
Per i parlamentari nostrani l’occasione per un confronto c’è stata il 5 luglio scorso presso la Camera dei deputati, dove si è svolto un seminario parlamentare in cui sono state coinvolte tutte le organizzazioni promotrici della Campagna. Queste ultime hanno dialogato coi parlamentari e col ministro Calenda esponendo le proprie ragioni e le proprie riserve sul contenuto degli accordi sotto esame, nonché sul metodo con cui vengono condotti i negoziati. I parlamentari presenti hanno raccontato la propria esperienza nell’accedere alla stanza di lettura allestita presso il ministero per lo Sviluppo economico per la consultazione dei documenti negoziali sul Ttip.
È emerso chiaramente come le organizzazioni della Campagna non siano contrarie a un disegno e a una politica commerciale europea, ma li chiedano di ben altro segno. Pertanto intendono cogliere lo spazio che si apre per proporre una differente visione del commercio internazionale e della politica commerciale europea, rappresentando le istanze dei tanti cittadini europei preoccupati per la sicurezza alimentare, i diritti e la qualità dei servizi che verrebbero messi in discussione con un accordi del genere, orientati a un modello di sviluppo in declino.
Non vi è dubbio che l’impatto sociale del Ttip sulla cultura, sull’economia e sulla società europee sarebbe imponente e invasivo, sollevando non pochi dubbi circa la sopravvivenza del modello democratico, come adombrano le tante cause già avviate dalle multinazionali contro gli Stati mediante la clausola Isds.
Siamo, dunque, nel cuore della battaglia e la rete di comitati locali e di associazioni che aderiscono alla campagna Stop Ttip, insieme alle oltre 600 organizzazioni europee che si battono contro questi accordi, è pronta a sostenere le proprie ragioni.
L’opportunità per farlo è vicina: a partire dal 12 luglio si svolgerà a Bruxelles il quattordicesimo round negoziale sul Ttip e in vista di tale evento è stata lanciata la settimana di mobilitazione.
Il 13 luglio, quando la Commissione europea presenterà a Roma la valutazione d’impatto del Ttip sullo sviluppo sostenibile, in tutta Italia si svolgeranno iniziative creative «per tenere alta – ha affermato ancora Monica Di Sisto, portavoce della campagna Stop Ttip Italia – l’attenzione dell’opinione pubblica e bloccare questi trattati avviando, al loro posto, una profonda revisione della politica commerciale europea e dei meccanismi istituzionali che la governano».
È davvero necessario interrogarsi su quale tipo di Europa vogliamo continui ad esistere e se e come difendere l’interesse generale dei popoli europei negli anni a venire.