Devo assumere un’assistente familiare per mia madre che vive da sola e non è autosufficiente. Ho sentito parlare del part-time nel lavoro domestico, posso applicarlo?
Nel rapporto di lavoro domestico si parla di part time, nel comma 2 dell’art. 15, con riferimento al contratto di lavoro stipulato con una lavoratrice che, seppur convivente, limita il proprio orario di lavoro entro fasce orarie ben determinate ed entro precisi limiti.
La prestazione lavorativa della lavoratrice convivente part-time non può superare le 30 ore settimanali, e deve essere interamente colllocata in una delle tre fasce orarie specificatamente previste:
Tra le ore 6.00 e le ore 14.00;
Tra le ore 14.00 e le ore 22.00;
Nel limite massimo di 10 ore al giorno non consecutive, in non più di tre giorni settimanali
Non possono essere assunte con part-time lavoratrici che svolgono mansioni equivalenti al livello A (colf senza esperienza), A super (addetto alla compagnia, baby sitter), C super (assistenteia persone non autosufficienti) salvo che non rientrino nella categoria studenti, di età compresa fra i 16 e i 40 anni, frequentanti corsi di studio al termine dei quali viene conseguito un titolo riconosciuto dallo Stato o da enti pubblici.
La retribuzione di tali lavoratori part-time è fissata da un’apposita tabella – tabella B, che in ragione della riduzione d’orario riporta minimi inferiori rispetto a quelli previsti per il servizio “intero” (cui si applica invece la tabella A).
L’assunzione dovrà risultare da atto scritto, redatto e sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore, da cui risultino l’orario effettivo di lavoro concordato e la sua collocazione temporale nell’ambito delle articolazioni orarie individuate dal Ccnl.
Quindi la lavoratrice domestica che viene assunta per l’assistenza, in regime di convivenza, di una persona non autosufficiente, non può essere assunta con il contratto part-time.
Il vantaggio dell’assunzione in regime di part-time consiste proprio nella possibilità di applicare i minimi inferiori previsti nella tabella A, dato che nel caso di servizio “intero” la retribuzione è sempre quella minima tabellare indipendentemente dall’orario di lavoro effettivamente fissato dal datore di lavoro. Niente vieta infatti, che nell’ambito del servizio “intero” in regime di convivenza il datore di lavoro fissi un orario di lavoro di 30 ore settimanali, visto che l’art. 15 comma 1, parla di un orario “massimo” e non minimo, ma comunque dovrà sempre corrispondere alla lavoratrice l’intera retribuzione minima prevista dalla tabella A, senza effettuare alcuna proporzione, come invece accadrebbe in un altro tipo di contratto nazionale.
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