Lo riconosciamo immediatamente: il naso importante, l’alloro in testa, lo sguardo fiero. Il suo nome è noto in tutto il mondo e così è anche per la sua opera più famosa, la Commedia (sarà Boccaccio a definirla “Divina”). Da generazioni lo studiamo imparando a memoria i suoi versi immortali, alcuni dei quali rientrano nel variegato panorama culturale del nostro tempo. Chi non ricorda le parole di Francesca quando racconta del suo amore peccaminoso per Paolo: Amor, ch’a nulla amato amar perdona, ripresi da canzoni e film? O ancora: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, che spesso leggiamo impresse sotto i busti che ci accolgono negli atri di tante scuole che portano il suo nome.
Dante sa ancora parlare all’umanità del ventunesimo secolo? Cosa può ancora dirci? Cosa possiamo imparare da lui, uomo del 1200? Dante nella sua Commedia racconta le vicende degli uomini del passato e del suo presente, con la straordinaria capacità di cogliere nelle loro vicende gli aspetti universali portandoci al cuore dell’esperienza umana del vivere e del morire, valida e comprensibile ancora oggi, anche per noi. Ci parla, nel suo viaggio dall’inferno al paradiso, che non è solo un viaggio ultraterreno, delle passioni, della conoscenza, della storia, dell’impegno civile, morale e politico, della fede, dei vizi e delle virtù, del peccato e del perdono. Dante, intellettuale appassionato, affamato di conoscenza e del sapere, uomo dal forte impegno politico, pienamente coinvolto nelle vicende storiche e nelle passioni civili della sua epoca, nella Commedia non si sottrae al giudizio sugli eventi e sugli uomini. Lo fa per uno scopo profetico: indicare a tutti la giusta via da percorre per raggiungere la felicità, invitandoci ad uscire dall’inferno, dove ogni uomo è un peccatore separato dagli altri, pienamente solo nella sua colpa, per raggiungere il paradiso, luogo dell’incontro con l’Altro, delle relazioni, dei legami comunitari, delle risonanze collettive, delle corrispondenze affettive: verità antropologica dell’umano di ieri e di oggi. Qui giunto, Dante compie e chiude il cerchio del suo viaggiare. Dio è la ragione di tutto il viaggio dantesco: nella sua presenza luminosa nel Paradiso, così come nella sua apparente assenza nel buio dell’inferno: poiché è Dio, l’Amor che move il sole e l’altre stelle, l’origine di tutto e di ogni cosa. E, per quanto possa apparire stravagante, questa stessa verità la ritroviamo in alcune pagine luminose di papa Francesco quando, nella Laudato sì, ci ricorda: È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta. Dante e papa Francesco: ieri e oggi, due uomini diversissimi, entrambi però legati da una stessa fede che, seppur in modi e forme diverse, continua a rappresentare, per gli uomini di ogni tempo, una speranza di salvezza per tutta la creazione.
Erica Mastrociani
Consigliere di Presidenza con delega all’Ufficio Studi e Cultura