«La questione del lavoro ha oggi due obiettivi che vanno perseguiti insieme: aumentare il numero degli occupati e far crescere il lavoro buono», afferma Stefano Tassinari, Segretario di Presidenza con responsabilità al Lavoro, delle Acli nazionali, alla vigilia della Festa del Lavoro. «Lavoro buono però significa innanzitutto condizioni economiche e sociali dignitose che aumentino nelle persone e nella popolazione il livello di fiducia. Troppo spesso non solo nel mondo, ma nel nostro Paese, dipendenti, ma anche lavoratori autonomi e piccoli imprenditori lavorano sempre più in condizioni di ricatto. Ricatto perché ritmi, tempi e la completa possibilità di licenziare fa mettere in secondo piano affetti e diritti oppure perché i padroni delle filiere economiche impongono prezzi e ritmi che obbligano piccole imprese a lavorare sotto costo. Tutto ciò ha un effetto perverso su larga scala perché diffonde sempre più paura e senso di vulnerabilità, specie tra le giovani generazioni e incide sui loro progetti di metter su casa, famiglia e fare figli. Si diffonde concretamente tra le famiglie una sorta di strategia di futuro recessiva, che guarda più al sopravvivere che al vivere.
La prima politica attiva del lavoro – prosegue Tassinari – è immaginare insieme il futuro, affrontando i nodi dolenti e valorizzando le nostre vocazioni, come Europa, come Italia, ma anche a livello territoriale, tornando, per esempio, a prevedere strumenti di sviluppo locale come furono per esempio i patti territoriali.
La quarta rivoluzione industriale riduce in tutto il mondo e ormai in tutti i settori produttivi l’apporto di manodopera. Se il lavoro produce di più non è pensabile che questo vantaggio non si redistribuisca in parte a tutta la comunità. È quindi inevitabile – conclude Tassinari – una politica comune per redistribuire il lavoro, non per legge, ma con politiche promozionali».